Dai disordini di Bologna al fallimento dell’integrazione: il caso dei maranza e la necessità di un nuovo paradigma

I recenti disordini di Bologna, esplosi durante il corteo pro Gaza, hanno offerto un’immagine chiara e inquietante: accanto a studenti, collettivi e gruppi antagonisti, le cronache hanno segnalato la presenza dei “maranza”, protagonisti di lanci di petardi, devastazioni urbane e scontri con le forze dell’ordine. Non si tratta di una coincidenza lessicale o di un’etichetta giornalistica passeggera: è un campanello d’allarme sociale che conferma il fallimento dell’attuale modello di integrazione.

Maranza: un fenomeno giovanile che diventa politico

Il termine “maranza” è entrato da tempo nel linguaggio comune per indicare gruppi giovanili delle periferie urbane, spesso coinvolti in risse, microcriminalità e vandalismi. Non si tratta di un movimento organizzato, ma di un fenomeno sociale che raccoglie giovani accomunati da stili di vita, codici culturali e atteggiamenti di sfida.

Ciò che desta preoccupazione è che questi giovani iniziano a comparire nei cortei e nelle manifestazioni politiche. La loro presenza non porta contenuti ideologici, ma comportamenti violenti che trasformano proteste in guerriglia. È accaduto a Bologna e rischia di ripetersi altrove.

Le seconde generazioni e l’integrazione incompiuta

Molti dei cosiddetti “maranza” appartengono alle seconde generazioni, figli di immigrati nati o cresciuti in Italia. Qui sta il nodo: non parliamo di nuovi arrivati, ma di giovani che hanno attraversato scuole, istituzioni e percorsi educativi italiani. Nonostante ciò, non si riconoscono nel tessuto sociale e scelgono percorsi di devianza.

Questo è il segno di una integrazione incompiuta. Il sistema ha garantito presenze formali (permessi, cittadinanza, scuola), ma non ha costruito appartenenza reale. Il risultato è un vuoto identitario che si traduce in conflitto: non pienamente italiani, non legati al Paese d’origine, trovano nel gruppo di strada la loro unica comunità.

Non a caso avevo già affrontato questo nodo in due articoli precedenti:

Il fenomeno maranza: denuncia di un sistema allo sbando e necessità di un nuovo paradigma” (8 giugno 2025), dove segnalavo la deriva sociale insita nel fenomeno;

Integrazione mancata: il vero nodo delle seconde generazioni” (26 agosto 2025), in cui sottolineavo la responsabilità delle istituzioni nel non aver costruito percorsi di reale inclusione.


Gli eventi di Bologna confermano oggi, con forza ancora maggiore, quanto quelle analisi fossero attuali: il problema delle seconde generazioni non può più essere ignorato.

Rischi futuri: dalla devianza al conflitto sociale

La partecipazione dei “maranza” ai disordini non è un dettaglio marginale.
Se questo segmento giovanile, privo di radici e di riconoscimento, si salda con movimenti antagonisti o proteste politiche, il rischio è di assistere a una nuova stagione di conflittualità urbana permanente. Le città diventerebbero il teatro di una frustrazione collettiva che non trova canali istituzionali, ma solo la violenza come forma di visibilità.

Integrare o ReImmigrare: un bivio necessario

Di fronte a questo scenario, occorre abbandonare le illusioni. L’integrazione non può restare un concetto astratto o una promessa incompiuta: deve diventare un obbligo concreto e verificabile.

Tre sono i pilastri irrinunciabili:

Lavoro regolare come strumento di dignità e responsabilità.

Lingua italiana come fondamento di appartenenza.

Rispetto delle regole come base della convivenza.


Chi non aderisce a questo patto deve essere ricondotto al principio della ReImmigrazione. Non è accettabile mantenere all’interno della comunità nazionale sacche di devianza che rifiutano di integrarsi.

Conclusione

I disordini di Bologna dimostrano che i “maranza” non sono folklore giovanile, ma il volto di un’integrazione fallita. Già nei miei articoli precedenti avevo denunciato i rischi legati al fenomeno e alle seconde generazioni: ora la realtà li ha resi concreti e sotto gli occhi di tutti. Ignorare il problema significherebbe condannare le nostre città a una crescente instabilità sociale.
È il momento di scegliere: integrazione vera e obbligatoria, o ReImmigrazione.


Avv. Fabio Loscerbo
Lobbista registrato presso il Registro per la Trasparenza dell’Unione Europea – ID 280782895721-36

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