Non confondiamo: la ReImmigrazione non è la Remigrazione. Un paradigma nuovo, non un ritorno al passato

In un recente articolo pubblicato su Sette del Corriere della Sera (https://www.corriere.it/sette/25_maggio_18/remigrazione-una-parola-che-pare-neutra-ma-nasconde-un-elefante-1186a125-99d2-46cb-bfae-defbc1efbxlk.shtml), il termine remigrazione è stato oggetto di un’analisi allarmista, volta a suggerire che dietro tale parola si nasconda un’ideologia regressiva, autoritaria, addirittura razzista.

Un’operazione retorica che, sotto le apparenze di una denuncia giornalistica, contribuisce a creare confusione tra parole simili solo nella forma, ma radicalmente diverse nella sostanza.

Chi scrive ha elaborato e proposto un paradigma diverso, nuovo, giuridicamente fondato e compatibile con l’ordinamento democratico e costituzionale: la ReImmigrazione.

Un modello regolativo che nulla ha a che vedere con la remigrazione intesa come deportazione collettiva o come misura punitiva ispirata da logiche identitarie estremiste.

La ReImmigrazione: definizione e principi

La ReImmigrazione è un paradigma fondato su tre pilastri:

  1. L’obbligo di integrazione per chi vuole rimanere stabilmente in Italia, da intendersi come contratto morale e giuridico con la comunità ospitante;
  2. La revoca del diritto a restare per chi rifiuta l’integrazione, in base a parametri misurabili: rifiuto della lingua, della legalità, dei principi costituzionali;
  3. Il ritorno assistito o programmato come esito naturale del mancato rispetto di tale patto, in coerenza con i valori dello Stato di diritto, della proporzionalità e della dignità umana.

Questo approccio è lontano anni luce dalle semplificazioni ideologiche di chi riduce ogni proposta regolativa a “deriva fascista”. Non è la razza a determinare la compatibilità con la società italiana, ma la volontà concreta di integrarsi, dimostrata nei fatti.

Rifiutare la ReImmigrazione significa scegliere l’anarchia migratoria

Chi rifiuta la proposta della ReImmigrazione, in nome di un umanitarismo astratto, in realtà promuove un modello che:

  • Legittima la permanenza anche di chi disprezza le regole della convivenza civile;
  • Trasforma il diritto all’ospitalità in un automatismo irreversibile;
  • Indebolisce i diritti dei cittadini e mina la coesione sociale.

Parlare di “elefanti nascosti” come fa il Corriere della Sera significa distogliere l’attenzione dai veri problemi: ghettizzazione, disagio urbano, criminalità diffusa, frammentazione valoriale.

Costruire un nuovo equilibrio tra accoglienza e responsabilità

La ReImmigrazione non è un ritorno al passato. È una proposta riformista, moderna, fondata su principi giuridici, sulla reciprocità dei doveri e sull’idea che la società italiana ha il diritto di preservare sé stessa e la propria identità democratica.

Chi entra in Italia deve sapere che non basta “non delinquere”. Deve condividere, partecipare, rispettare. Solo così l’immigrazione può diventare una risorsa. In caso contrario, è giusto — e necessario — che chi rifiuta l’integrazione torni nel proprio paese. È questo il significato profondo della ReImmigrazione.


Avv. Fabio Loscerbo
Lobbista registrato presso il Registro per la Trasparenza dell’Unione Europea – ID 280782895721-36
Ideatore del paradigma “ReImmigrazione”

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