di Avv. Fabio Loscerbo – Lobbista registrato presso il Registro per la Trasparenza dell’Unione Europea, ID: 280782895721-36
Introduzione
La sentenza n. 935/2025 del Tribunale Ordinario di Bologna (R.G. 9465/2024), emessa in data 14 aprile 2025, costituisce una tappa fondamentale nel processo di consolidamento della protezione complementare come strumento di attuazione del nuovo paradigma “Integrazione o ReImmigrazione”. La pronuncia, emessa dalla Sezione specializzata in materia di immigrazione, ha riconosciuto il diritto al rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale, valorizzando il radicamento effettivo della ricorrente sul territorio nazionale.
Un paradigma per la gestione razionale dei flussi migratori
“Integrazione o ReImmigrazione” non è uno slogan, ma una proposta strutturale per riformulare l’intero approccio alle politiche migratorie. L’integrazione, fondata su lavoro, lingua e rispetto delle regole, deve costituire il perno attorno al quale ruotano tutte le forme di protezione. La sentenza in commento dimostra come la protezione complementare possa e debba essere applicata in funzione di un concreto inserimento dello straniero nella società italiana, nonché quale alternativa giuridica praticabile a fronte dell’assenza di requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria.
Il caso deciso dal Tribunale di Bologna
La ricorrente, cittadina albanese, aveva visto rigettata dalla Questura di Modena la propria domanda di protezione speciale. Il Collegio giudicante ha invece riconosciuto, sulla base di una valutazione attuale e approfondita, il diritto al rilascio del permesso, rilevando come:
- la ricorrente abbia stabilmente radicato la propria vita in Italia da circa otto anni;
- abbia intrapreso e mantenuto un’attività lavorativa regolare, con contratto a tempo indeterminato;
- conviva con un partner titolare di protezione speciale, condividendo un vincolo affettivo stabile e duraturo;
- abbia una condotta attuale conforme alla legge, con un percorso di progressiva integrazione anche economica.
Il Tribunale ha ritenuto, in applicazione dell’art. 19, co. 1.1, TUI e dei principi elaborati dalla Corte EDU (in primis art. 8 CEDU), che l’allontanamento della ricorrente avrebbe comportato una lesione grave e ingiustificata della sua vita privata e familiare.
La protezione complementare come leva di civiltà giuridica
Ciò che emerge con chiarezza è che la protezione complementare – nell’interpretazione datane dal Tribunale – rappresenta un meccanismo di bilanciamento tra le esigenze dello Stato e i diritti individuali dello straniero effettivamente integrato. Non si tratta di una concessione di favore, ma di un diritto soggettivo fondato su una rete di norme costituzionali, europee e internazionali.
La sentenza riconosce che, quanto maggiore è il grado di radicamento in Italia, tanto più elevato è il rischio che un’espulsione provochi una violazione grave dei diritti fondamentali della persona, come chiarito anche dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Sent. n. 24413/2021).
Conclusioni
La decisione del Tribunale di Bologna costituisce un esempio virtuoso dell’applicazione coerente e teleologica della protezione complementare. Essa dimostra come tale strumento non solo garantisca una tutela efficace dei diritti umani, ma contribuisca anche alla stabilità sociale e alla coesione del territorio.
È su questi casi che si deve costruire una nuova visione delle politiche migratorie: una visione che abbandona la logica emergenziale e premiale, e che si fonda invece sul principio di responsabilità e reciprocità. “Integrazione o ReImmigrazione” significa riconoscere i diritti a chi dimostra di rispettare le regole e voler essere parte attiva della comunità nazionale. La protezione complementare, in questo quadro, diventa uno strumento chiave per attuare il paradigma.
Avv. Fabio Loscerbo
Lobbista in materia di migrazione e asilo registrato presso il Registro per la Trasparenza dell’Unione Europea – ID: 280782895721-36
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