In riferimento all’articolo pubblicato su La Repubblica Bologna in data 26 ottobre 2025, relativo a una manifestazione svoltasi in piazza Carducci, nel quale viene citato il termine “Reimmigrazione”, si precisa che tale riferimento non ha alcun collegamento con il paradigma giuridico “Integrazione o ReImmigrazione”, così come proposto sulla piattaforma http://www.reimmigrazione.com.
Il paradigma Integrazione o ReImmigrazione non è un movimento politico né un’iniziativa culturale, ma un nuovo paradigma giuridico volto a superare la visione economicista del fenomeno migratorio, restituendo centralità al valore dell’integrazione come obbligo reciproco tra cittadino straniero e comunità ospitante.
Nel paradigma Integrazione o ReImmigrazione, il ritorno nel Paese d’origine non è una misura punitiva, bensì l’esito amministrativo naturale di un percorso di integrazione fallito o mai iniziato. L’obiettivo è fornire una cornice giuridica coerente che distingua chi partecipa pienamente alla vita sociale, economica e civile del Paese da chi rifiuta tale percorso.
Il paradigma Integrazione o ReImmigrazione si fonda su tre pilastri verificabili:
Lavoro, come strumento di autonomia e partecipazione;
Lingua, come veicolo di comunicazione e inclusione;
Rispetto delle regole, come condizione di convivenza e cittadinanza.
Questo paradigma offre una prospettiva innovativa per armonizzare sicurezza, diritti e responsabilità, superando approcci emergenziali o ideologici che da anni distorcono il dibattito sull’immigrazione. Ogni uso del termine “Reimmigrazione” al di fuori di tale contesto — e in particolare in connessione con movimenti o manifestazioni politiche — rappresenta un uso improprio e fuorviante.
🎙️ Title:Integration as Responsibility – From the 2025 Justice Forum to the ReImmigration Paradigm
On October 27, 2025, during the Justice Forum, the legal tabloid Giustizia — distributed with Italy’s national newspaper Corriere della Sera — published an article dedicated to my work and to the paradigm “Integration or ReImmigration.”
The Justice Forum is one of the most important events in the Italian legal landscape. It is an annual gathering that brings together judges, lawyers, institutional representatives, universities, and law enforcement agencies to discuss key issues concerning justice, rights, and institutional reform. It is a space for dialogue where the legal world meets civil society and journalism, reflecting on the challenges of the present and the directions for the future.
In this context, the publication of my contribution represents an important recognition of a cultural and legal journey that I have been pursuing for years: a new vision of migration based on mutual responsibility.
In the model I propose, integration is not an abstract concept or an act of mere tolerance. It is a verifiable obligation, built on three essential pillars: work, language, and respect for the law. Only through these elements can we truly speak of belonging, inclusion, and social balance.
The “Integration or ReImmigration” paradigm was born from daily experience in Italian courts, police headquarters, and prefectures — places where the distance between rules and reality is constantly tested. Its goal is to restore coherence and responsibility to immigration law, moving beyond the emergency-based logic and ideological divisions that have long dominated public debate.
Integration means taking responsibility: learning the language of the host country, contributing to its economic system, and respecting its rules. ReImmigration, on the other hand, is not a punishment but a natural consequence for those who do not adhere to this social pact. It reflects the idea that the State should facilitate the return of those who cannot or will not integrate — always guaranteeing personal dignity, but also protecting the collective interest.
The Justice Forum 2025 was an opportunity to bring the issue of migration back into the national debate on justice and public policy. The article published in Giustizia, distributed with the Corriere della Sera, confirms that the paradigm “Integration or ReImmigration” is no longer just a theoretical concept but a point of reference for those who believe in a fair balance between hospitality, rights, and responsibility.
The future of migration policies will depend on our ability to make integration a real, measurable, and shared process. Only then can we build a society capable of welcoming others without losing its own identity.
I am Avvocato Fabio Loscerbo, and this is Integration or ReImmigration.
Integration or ReImmigration as a Coherent Legal System Welcome to a new episode of the podcast Integration or ReImmigration.I am Attorney Fabio Loscerbo. Throughout this series, we have analyzed immigration step by step: entry, lawful presence, integration, protection, enforcement, and return. What emerges is a simple but often ignored truth: integration and ReImmigration are not opposing policies. They are two possible outcomes of the same legal process. The mistake of contemporary debate is to treat integration as inherently good and return as inherently hostile. Law does not operate through moral oppositions. It operates through conditions and consequences. A functioning legal system does not choose between integration and return; it defines when each applies. Integration, in this framework, is a conditional process. It presupposes lawful entry, compliance with obligations, and compatibility with the legal order. When these conditions are met, stabilization becomes legitimate. ReImmigration, by contrast, is the lawful conclusion of that same process when those conditions are not met. What gives coherence to the system is conditionality. Entry opens a legal relationship. Lawful presence unfolds over time. Conduct is evaluated. Protection prevents unlawful removal. Decisions are enforced. Each phase follows logically from the previous one. Remove one element, and the system loses balance. This approach resolves the false conflict between rights and sovereignty. Fundamental rights remain protected, but permanence is never automatic. Sovereignty is exercised through law, not through exclusion or improvisation. A coherent system also creates predictability. Individuals know what is required. Authorities know when to act. Courts operate within clear parameters. Predictability reduces conflict and restores trust in institutions. By contrast, incoherent systems produce symbolic integration, unlimited protection, and traumatic enforcement. Integration becomes rhetoric, and return becomes a crisis event. No one benefits from this instability. Integration or ReImmigration offers a different model. It does not promise universal integration, nor does it advocate mass return. It promises governability. It treats immigration as a legal process with possible outcomes, not as an ideological battlefield. In the final episode, we will look beyond Europe. We will examine whether this paradigm can be applied to the United States and other Western democracies, and what institutional adjustments would be required. Thank you for listening.Questo episodio include contenuti generati dall’IA.
🎙️ Titolo:Integrazione come responsabilità – dal Salone della Giustizia 2025 al paradigma ReImmigrazione
Il 27 ottobre 2025, in occasione del Salone della Giustizia, il tabloid Giustizia, allegato al Corriere della Sera, ha pubblicato un articolo dedicato al mio lavoro e al paradigma “Integrazione o ReImmigrazione”. Il Salone della Giustizia è uno degli eventi più importanti del panorama giuridico italiano: un appuntamento annuale che riunisce magistrati, avvocati, rappresentanti delle istituzioni, università e forze dell’ordine per confrontarsi sui temi centrali della giustizia, del diritto e delle riforme istituzionali. Un luogo di dialogo e di riflessione dove il mondo giuridico incontra la società civile e il giornalismo, e dove si discutono le sfide del presente e del futuro.
In questo contesto, la pubblicazione del mio contributo rappresenta un riconoscimento importante per un percorso culturale e giuridico che da anni porto avanti: quello di una nuova visione dell’immigrazione fondata sulla responsabilità reciproca.
Nel modello che propongo, l’integrazione non è un concetto astratto, né un atto di semplice tolleranza. È un obbligo verificabile, costruito su tre pilastri essenziali: il lavoro, la lingua e il rispetto delle regole. Solo attraverso questi elementi si può davvero parlare di appartenenza, di inclusione e di equilibrio sociale.
Il paradigma “Integrazione o ReImmigrazione” nasce dall’esperienza quotidiana nei Tribunali, nelle Questure e nelle Prefetture italiane, dove ogni giorno si misura la distanza tra norme e realtà. L’obiettivo è restituire al diritto dell’immigrazione un senso di coerenza e di responsabilità, superando la logica emergenziale e le contrapposizioni ideologiche che da troppo tempo paralizzano il dibattito pubblico.
Integrazione significa assumersi un impegno: imparare la lingua del Paese in cui si vive, contribuire al suo sistema economico e rispettarne le regole. ReImmigrazione, invece, non è una sanzione ma una conseguenza naturale per chi non condivide questo patto sociale. È l’idea che lo Stato debba favorire il rientro di chi non riesce o non vuole integrarsi, garantendo sempre la dignità della persona ma anche la tutela dell’interesse collettivo.
Il Salone della Giustizia 2025 ha rappresentato un’occasione per riportare il tema dell’immigrazione all’interno del dibattito nazionale sulla giustizia e sulle politiche pubbliche. La pubblicazione su Giustizia, allegato al Corriere della Sera, conferma che il paradigma “Integrazione o ReImmigrazione” non è più solo un’idea teorica, ma un punto di riferimento per chi crede in un equilibrio tra accoglienza, diritti e responsabilità.
Il futuro delle politiche migratorie dipenderà dalla capacità di rendere l’integrazione un processo reale, misurabile e condiviso. Solo così potremo costruire una società capace di accogliere senza rinunciare alla propria identità.
Io sono l’Avvocato Fabio Loscerbo, e questo è Integrazione o ReImmigrazione.
Integration or ReImmigration as a Coherent Legal System Welcome to a new episode of the podcast Integration or ReImmigration.I am Attorney Fabio Loscerbo. Throughout this series, we have analyzed immigration step by step: entry, lawful presence, integration, protection, enforcement, and return. What emerges is a simple but often ignored truth: integration and ReImmigration are not opposing policies. They are two possible outcomes of the same legal process. The mistake of contemporary debate is to treat integration as inherently good and return as inherently hostile. Law does not operate through moral oppositions. It operates through conditions and consequences. A functioning legal system does not choose between integration and return; it defines when each applies. Integration, in this framework, is a conditional process. It presupposes lawful entry, compliance with obligations, and compatibility with the legal order. When these conditions are met, stabilization becomes legitimate. ReImmigration, by contrast, is the lawful conclusion of that same process when those conditions are not met. What gives coherence to the system is conditionality. Entry opens a legal relationship. Lawful presence unfolds over time. Conduct is evaluated. Protection prevents unlawful removal. Decisions are enforced. Each phase follows logically from the previous one. Remove one element, and the system loses balance. This approach resolves the false conflict between rights and sovereignty. Fundamental rights remain protected, but permanence is never automatic. Sovereignty is exercised through law, not through exclusion or improvisation. A coherent system also creates predictability. Individuals know what is required. Authorities know when to act. Courts operate within clear parameters. Predictability reduces conflict and restores trust in institutions. By contrast, incoherent systems produce symbolic integration, unlimited protection, and traumatic enforcement. Integration becomes rhetoric, and return becomes a crisis event. No one benefits from this instability. Integration or ReImmigration offers a different model. It does not promise universal integration, nor does it advocate mass return. It promises governability. It treats immigration as a legal process with possible outcomes, not as an ideological battlefield. In the final episode, we will look beyond Europe. We will examine whether this paradigm can be applied to the United States and other Western democracies, and what institutional adjustments would be required. Thank you for listening.Questo episodio include contenuti generati dall’IA.
Negli ultimi mesi, anche grazie a trasmissioni televisive come Fuori dal Coro, si è iniziato a parlare con maggiore frequenza del tema della remigrazione.
Un concetto che, a prescindere dalla forma linguistica – remigrazione o ReImmigrazione – rappresenta un punto di svolta nel dibattito sull’immigrazione, ma che rischia di restare privo di significato se non è accompagnato da un cambio di paradigma.
La remigrazione fine a se stessa è un’idea sterile. Rimandare nel Paese d’origine chi è entrato illegalmente o chi commette reati può sembrare un atto di giustizia, ma diventa un gesto vuoto se non si comprende perché l’integrazione non è avvenuta.
La remigrazione, intesa come semplice misura di allontanamento o di espulsione, agisce solo sul sintomo del problema: interviene dopo, quando il fallimento è già avvenuto, senza affrontarne le cause. La ReImmigrazione, invece, rappresenta un paradigma diverso. Non è una reazione repressiva, ma l’esito finale di un processo regolato e consapevole, che presuppone l’esistenza di un percorso di integrazione effettivo, valutato e sostenuto nel tempo. È la conclusione logica di un sistema che prima offre strumenti per integrarsi – attraverso lavoro, lingua e rispetto delle regole – e solo in caso di rifiuto o inadempienza prevede il rientro nel Paese d’origine. La ReImmigrazione non nasce da una logica di esclusione, ma da una logica di responsabilità: dove la remigrazione si limita a espellere, la ReImmigrazione valuta, accompagna e, solo se necessario, conclude.
Ma il limite più evidente del concetto di remigrazione è che non affronta il problema delle seconde generazioni. Un sistema che si limita a espellere chi è irregolare o deviante non tiene conto di chi cresce in Italia senza un vero percorso di integrazione. Il paradigma “Integrazione o ReImmigrazione” supera questa visione riduttiva, perché presuppone l’assolvimento di un dovere di integrazione che grava innanzitutto sui genitori e che, inevitabilmente, produce effetti sui figli. Solo genitori integrati possono trasmettere ai propri figli la lingua, i valori e il rispetto delle regole del Paese in cui vivono.
Serve un sistema che sappia distinguere chi vuole far parte della comunità da chi la rifiuta, fondato su tre pilastri concreti: lavoro, lingua e legalità. Senza questa base, ogni discussione sulla remigrazione resta puramente ideologica.
Parlare di ReImmigrazione significa proporre un modello europeo fondato sulla responsabilità reciproca:non una chiusura verso l’altro, ma una selezione consapevole basata sull’impegno e sull’appartenenza.
A differenza della remigrazione, che si limita a gestire l’esito di un fallimento, la ReImmigrazione offre un approccio più completo e strutturato, capace di prevenire il fallimento dell’integrazione prima che si trasformi in esclusione.
Non è soltanto la fine di un percorso, ma un principio di ordine e coerenza sociale, che unisce politiche di inclusione, percorsi di responsabilizzazione e, se necessario, procedure di rientro. Solo così la remigrazione può diventare una componente equilibrata di una strategia più ampia, e non una semplice reazione emotiva o amministrativa.
Avv. Fabio Loscerbo – lobbista iscritto al Registro per la Trasparenza dell’Unione Europea, ID 280782895721-36
La Sentenza numero 9812 del 24 ottobre 2025 del Tribunale di Bologna rappresenta un nuovo passo nel processo di trasformazione del diritto dell’immigrazione italiano. Con il riconoscimento del diritto alla protezione complementare, il giudice riafferma che il radicamento sociale, lavorativo e linguistico del cittadino straniero costituisce un valore giuridico in sé: non un semplice indice di integrazione, ma la condizione che impedisce uno sradicamento contrario alla dignità della persona.
Questa impostazione consolida la funzione della protezione complementare come laboratorio di sperimentazione del paradigma europeo “Integrazione o ReImmigrazione”. L’idea di fondo è chiara: l’integrazione non può essere solo dichiarata, ma deve essere verificabile, concreta e continuativa.
Il lavoro, la conoscenza della lingua, il rispetto delle regole e i legami sociali diventano criteri misurabili che distinguono chi partecipa alla vita comunitaria da chi non ha intrapreso alcun percorso di appartenenza.
In questa prospettiva, la giurisprudenza bolognese non crea nuovi diritti, ma traduce in termini giuridici un principio politico e culturale: la tutela deve premiare la responsabilità individuale. Chi contribuisce, resta. Chi rifiuta il percorso di integrazione, rientra.
È un equilibrio che unisce il rispetto della persona all’esigenza di ordine e coesione sociale.
La protezione complementare assume così il ruolo di motore evolutivo del paradigma, perché è nel suo ambito che il diritto sperimenta una nuova grammatica: quella che unisce libertà e dovere, accoglienza e verifica, permanenza e responsabilità.
Ogni decisione come questa contribuisce a costruire una visione europea dell’immigrazione fondata non più sull’assistenza, ma sulla partecipazione e sull’integrazione consapevole.
Avv. Fabio Loscerbo Lobbista iscritto al Registro per la Trasparenza dell’Unione Europea – ID 280782895721-36
Il 27 ottobre 2025, in occasione del Salone della Giustizia, il tabloid Giustizia allegato al Corriere della Sera ha dedicato un ampio articolo al mio lavoro e al paradigma “Integrazione o ReImmigrazione”, un modello giuridico e culturale che propone di superare la logica emergenziale e assistenzialista delle politiche migratorie per restituire al tema una dimensione di equilibrio, legalità e responsabilità.
Nel contributo ho spiegato come l’idea di fondo sia semplice ma radicale: l’integrazione deve essere un obbligo verificabile, fondato su tre pilastri — lavoro, lingua e rispetto delle regole — mentre la reimmigrazione rappresenta la conseguenza naturale della mancata adesione al patto sociale. Solo un approccio strutturato e misurabile può garantire la tutela dei diritti fondamentali e, al tempo stesso, la coesione delle comunità che accolgono.
Il paradigma “Integrazione o ReImmigrazione” non nasce da un’astrazione teorica, ma da un’esperienza quotidiana maturata nei Tribunali, nelle Questure e nelle Prefetture italiane. È un progetto che unisce pratica giuridica e riflessione politica, ponendo al centro il valore dell’integrazione come dovere reciproco: dello Stato che accoglie e dello straniero che sceglie di rimanere.
La pubblicazione su Giustizia – distribuito in allegato nazionale al Corriere della Sera – rappresenta un riconoscimento significativo del percorso di elaborazione di questi anni, che continua oggi attraverso la piattaforma http://www.reimmigrazione.com.
Avv. Fabio Loscerbo
Alcuni video riferiti al Salone della Giustizia 2025, per documentare l’importanza e la rilevanza nazionale dell’evento
Willkommen zu einer neuen Folge des Podcasts Integration oder ReMigration. Ich bin Rechtsanwalt Fabio Loscerbo, und heute spreche ich über ein Dokument, das in den Vereinigten Staaten große Aufmerksamkeit erregt – und auch in Europa Beachtung verdient: „Mandate for Leadership 2025 – The Conservative Promise“, veröffentlicht von der Heritage Foundation.
Es handelt sich dabei nicht nur um ein politisches Programm, sondern um eine umfassende gesellschaftliche und staatliche Vision, die lange vergessene Werte wieder in den Mittelpunkt stellt: Souveränität, Verantwortung und Zugehörigkeit. In den Kapiteln zur Einwanderung sendet das Dokument eine klare Botschaft: Aufnahme kann nicht länger von Integration getrennt werden. Vorrang soll jenen eingeräumt werden, die sich beteiligen, die Gesetze respektieren, die Sprache lernen und die grundlegenden Werte der aufnehmenden Gemeinschaft teilen.
Dieser Ansatz, obwohl in einem anderen Kontext entstanden, steht der im Paradigma Integration oder ReMigration vorgeschlagenen Vision sehr nahe. Auch in Europa wächst das Bewusstsein, dass das Recht zu bleiben nicht vom Pflichtgefühl zur Integration getrennt werden kann. Integration bedeutet nicht nur Arbeit oder Einkommen, sondern aktive Teilhabe, Verantwortungsbewusstsein und die Achtung der Regeln, die eine Gemeinschaft zusammenhalten.
Das amerikanische Modell und das Paradigma Integration oder ReMigration stimmen in einem zentralen Punkt überein: Eine nachhaltige Einwanderung muss auf tatsächlicher Integration beruhen. In den Vereinigten Staaten konzentriert sich die Debatte auf Effizienz und Produktivität; in Europa betont die entstehende Perspektive das Gleichgewicht zwischen sozialem Zusammenhalt, Grundrechten und individueller Verantwortung. In beiden Fällen ist die Botschaft eindeutig: Ohne Integration gibt es keine Zugehörigkeit.
Wir erleben einen weltweiten Paradigmenwechsel. Nach Jahren einer unkontrollierten Einwanderungspolitik wird die Erkenntnis wiederentdeckt, dass Zusammenleben bedeutet, gemeinsame Werte und Regeln zu teilen. Es geht nicht darum, Grenzen zu schließen, sondern ein Gleichgewicht wiederherzustellen: Wer sich integriert, kann bleiben; wer sich verweigert, kann mit Würde und Unterstützung in sein Herkunftsland zurückkehren. Das ist die wahre Bedeutung von ReMigration: eine geordnete, respektvolle und verantwortungsvolle Rückkehr, die auf gegenseitiger Verantwortung beruht.
Weitere Informationen zu diesem Thema finden Sie im vollständigen Artikel auf www.reimmigrazione.com. Dort können Sie auch das Originaldokument „Mandate for Leadership 2025 – The Conservative Promise“ direkt über den im Beitrag angegebenen Link herunterladen.
Ich bin Rechtsanwalt und Lobbyist Fabio Loscerbo. Vielen Dank fürs Zuhören – und bis zur nächsten Folge von Integration oder ReMigration, dem Podcast, der zeigt, dass unsere Gesellschaften heute vor einer klaren Entscheidung stehen: sich integrieren oder mit Würde in ihr Herkunftsland zurückkehren.
Integration or ReImmigration as a Coherent Legal System Welcome to a new episode of the podcast Integration or ReImmigration.I am Attorney Fabio Loscerbo. Throughout this series, we have analyzed immigration step by step: entry, lawful presence, integration, protection, enforcement, and return. What emerges is a simple but often ignored truth: integration and ReImmigration are not opposing policies. They are two possible outcomes of the same legal process. The mistake of contemporary debate is to treat integration as inherently good and return as inherently hostile. Law does not operate through moral oppositions. It operates through conditions and consequences. A functioning legal system does not choose between integration and return; it defines when each applies. Integration, in this framework, is a conditional process. It presupposes lawful entry, compliance with obligations, and compatibility with the legal order. When these conditions are met, stabilization becomes legitimate. ReImmigration, by contrast, is the lawful conclusion of that same process when those conditions are not met. What gives coherence to the system is conditionality. Entry opens a legal relationship. Lawful presence unfolds over time. Conduct is evaluated. Protection prevents unlawful removal. Decisions are enforced. Each phase follows logically from the previous one. Remove one element, and the system loses balance. This approach resolves the false conflict between rights and sovereignty. Fundamental rights remain protected, but permanence is never automatic. Sovereignty is exercised through law, not through exclusion or improvisation. A coherent system also creates predictability. Individuals know what is required. Authorities know when to act. Courts operate within clear parameters. Predictability reduces conflict and restores trust in institutions. By contrast, incoherent systems produce symbolic integration, unlimited protection, and traumatic enforcement. Integration becomes rhetoric, and return becomes a crisis event. No one benefits from this instability. Integration or ReImmigration offers a different model. It does not promise universal integration, nor does it advocate mass return. It promises governability. It treats immigration as a legal process with possible outcomes, not as an ideological battlefield. In the final episode, we will look beyond Europe. We will examine whether this paradigm can be applied to the United States and other Western democracies, and what institutional adjustments would be required. Thank you for listening.Questo episodio include contenuti generati dall’IA.
Welcome to a new episode of the Integration or ReImmigration podcast. I’m lawyer Fabio Loscerbo, and today we’ll talk about a document that’s sparking much debate in the United States — and deserves attention in Europe as well: “Mandate for Leadership 2025 – The Conservative Promise”, published by the Heritage Foundation.
This is not just a political program, but a comprehensive vision of society and the State that brings back to the center values long neglected: sovereignty, responsibility, and belonging. In its chapters on immigration, the document sends a clear message: hospitality can no longer be separated from integration. Priority must be given to those who participate, respect the law, learn the language, and share the fundamental values of the host community.
This approach, though born in a different context, closely mirrors the vision proposed by the Integration or ReImmigration paradigm. Across Europe, awareness is growing that the right to stay cannot be detached from the duty to integrate. Integration is not just about having a job or an income — it means active participation, civic responsibility, and respect for the social order that binds a community together.
The American model and the Integration or ReImmigration paradigm converge on one key principle: sustainable immigration must be based on real integration. In the United States, the debate focuses on efficiency and productivity; in Europe, the emerging vision emphasizes social cohesion, fundamental rights, and individual responsibility. In both cases, the message is clear: without integration, there can be no true belonging.
We are witnessing a global shift in perspective. After years of indiscriminate immigration policies, societies are rediscovering that living together means sharing values and rules. This is not about closing borders, but about restoring balance: those who integrate may stay; those who refuse may return to their home country with dignity and assistance. That is the true meaning of ReImmigration: an orderly, respectful, and responsible return process grounded in mutual accountability.
To explore this topic further, you can read the full article on http://www.reimmigrazione.com and download the original document “Mandate for Leadership 2025 – The Conservative Promise” directly from the link provided in the post.
I’m lawyer and lobbyist Fabio Loscerbo. Thank you for listening, and stay tuned for the next episode of Integration or ReImmigration — the podcast that explores how societies today face a simple but decisive choice: integrate or return home with dignity.
Integration or ReImmigration as a Coherent Legal System Welcome to a new episode of the podcast Integration or ReImmigration.I am Attorney Fabio Loscerbo. Throughout this series, we have analyzed immigration step by step: entry, lawful presence, integration, protection, enforcement, and return. What emerges is a simple but often ignored truth: integration and ReImmigration are not opposing policies. They are two possible outcomes of the same legal process. The mistake of contemporary debate is to treat integration as inherently good and return as inherently hostile. Law does not operate through moral oppositions. It operates through conditions and consequences. A functioning legal system does not choose between integration and return; it defines when each applies. Integration, in this framework, is a conditional process. It presupposes lawful entry, compliance with obligations, and compatibility with the legal order. When these conditions are met, stabilization becomes legitimate. ReImmigration, by contrast, is the lawful conclusion of that same process when those conditions are not met. What gives coherence to the system is conditionality. Entry opens a legal relationship. Lawful presence unfolds over time. Conduct is evaluated. Protection prevents unlawful removal. Decisions are enforced. Each phase follows logically from the previous one. Remove one element, and the system loses balance. This approach resolves the false conflict between rights and sovereignty. Fundamental rights remain protected, but permanence is never automatic. Sovereignty is exercised through law, not through exclusion or improvisation. A coherent system also creates predictability. Individuals know what is required. Authorities know when to act. Courts operate within clear parameters. Predictability reduces conflict and restores trust in institutions. By contrast, incoherent systems produce symbolic integration, unlimited protection, and traumatic enforcement. Integration becomes rhetoric, and return becomes a crisis event. No one benefits from this instability. Integration or ReImmigration offers a different model. It does not promise universal integration, nor does it advocate mass return. It promises governability. It treats immigration as a legal process with possible outcomes, not as an ideological battlefield. In the final episode, we will look beyond Europe. We will examine whether this paradigm can be applied to the United States and other Western democracies, and what institutional adjustments would be required. Thank you for listening.Questo episodio include contenuti generati dall’IA.
Benvenuti a una nuova puntata del podcast Integrazione o ReImmigrazione. Io sono l’Avvocato Fabio Loscerbo, e oggi parleremo di un documento che sta facendo molto discutere negli Stati Uniti e che merita attenzione anche in Europa: “Mandate for Leadership 2025 – The Conservative Promise”, pubblicato dalla Heritage Foundation.
Non si tratta di un semplice programma politico, ma di una visione complessiva della società e dello Stato che rimette al centro parole dimenticate: sovranità, responsabilità, appartenenza. Nelle sue pagine dedicate all’immigrazione emerge un messaggio netto: l’accoglienza non può più essere disgiunta dall’integrazione. La priorità deve tornare a chi partecipa, rispetta le regole, conosce la lingua e condivide i valori fondamentali della comunità che lo ospita.
È una linea che, pur con approcci diversi, si avvicina molto a quella proposta dal paradigma “Integrazione o ReImmigrazione”. Anche in Europa cresce la consapevolezza che il diritto di rimanere non può essere scollegato dal dovere di integrarsi. L’integrazione non è solo lavoro o reddito, ma partecipazione consapevole, adesione alla vita collettiva e rispetto delle regole comuni.
Il modello americano e il paradigma “Integrazione o ReImmigrazione” convergono su un punto fondamentale: l’immigrazione sostenibile nasce dall’integrazione reale. Negli Stati Uniti il dibattito si concentra sull’efficienza e sulla produttività; in Europa, la prospettiva che stiamo costruendo pone l’accento sull’equilibrio tra coesione comunitaria, diritti e responsabilità individuale. In entrambi i casi, il messaggio è chiaro: senza integrazione non c’è appartenenza.
Stiamo assistendo a un cambio di paradigma globale. Dopo anni di accoglienza indiscriminata, torna l’idea che vivere insieme significa condividere valori e regole comuni. Non si tratta di chiudere le porte, ma di ristabilire un principio di equilibrio: chi si integra resta, chi rifiuta di farlo può rientrare nel proprio Paese con dignità e sostegno. È questa la vera ReImmigrazione: un ritorno ordinato, rispettoso e fondato su responsabilità reciproca.
Per approfondire questo tema, potete leggere l’articolo completo sul sito www.reimmigrazione.com e scaricare il documento originale “Mandate for Leadership 2025 – The Conservative Promise” direttamente dal link pubblicato nell’articolo.
Io sono l’Avvocato Fabio Loscerbo, avvocato e lobbista registrato presso il Registro per la Trasparenza dell’Unione Europea (ID 280782895721-36). Vi ringrazio per l’ascolto e vi invito a seguire le prossime puntate di Integrazione o ReImmigrazione, il podcast che racconta come la società può scegliere tra due vie: integrarsi o tornare, con dignità, nel proprio Paese.
Integration or ReImmigration as a Coherent Legal System Welcome to a new episode of the podcast Integration or ReImmigration.I am Attorney Fabio Loscerbo. Throughout this series, we have analyzed immigration step by step: entry, lawful presence, integration, protection, enforcement, and return. What emerges is a simple but often ignored truth: integration and ReImmigration are not opposing policies. They are two possible outcomes of the same legal process. The mistake of contemporary debate is to treat integration as inherently good and return as inherently hostile. Law does not operate through moral oppositions. It operates through conditions and consequences. A functioning legal system does not choose between integration and return; it defines when each applies. Integration, in this framework, is a conditional process. It presupposes lawful entry, compliance with obligations, and compatibility with the legal order. When these conditions are met, stabilization becomes legitimate. ReImmigration, by contrast, is the lawful conclusion of that same process when those conditions are not met. What gives coherence to the system is conditionality. Entry opens a legal relationship. Lawful presence unfolds over time. Conduct is evaluated. Protection prevents unlawful removal. Decisions are enforced. Each phase follows logically from the previous one. Remove one element, and the system loses balance. This approach resolves the false conflict between rights and sovereignty. Fundamental rights remain protected, but permanence is never automatic. Sovereignty is exercised through law, not through exclusion or improvisation. A coherent system also creates predictability. Individuals know what is required. Authorities know when to act. Courts operate within clear parameters. Predictability reduces conflict and restores trust in institutions. By contrast, incoherent systems produce symbolic integration, unlimited protection, and traumatic enforcement. Integration becomes rhetoric, and return becomes a crisis event. No one benefits from this instability. Integration or ReImmigration offers a different model. It does not promise universal integration, nor does it advocate mass return. It promises governability. It treats immigration as a legal process with possible outcomes, not as an ideological battlefield. In the final episode, we will look beyond Europe. We will examine whether this paradigm can be applied to the United States and other Western democracies, and what institutional adjustments would be required. Thank you for listening.Questo episodio include contenuti generati dall’IA.
Il recente documento programmatico pubblicato dalla Heritage Foundation, intitolato “Mandate for Leadership 2025 – The Conservative Promise”, rappresenta una svolta culturale e politica che va ben oltre i confini americani.
Non si tratta soltanto di un piano operativo in vista di un’eventuale futura amministrazione repubblicana, ma di una visione complessiva della società e dello Stato che rimette al centro il concetto di sovranità, appartenenza e responsabilità individuale. Il tema dell’immigrazione, in particolare, viene trattato non più come una questione di accoglienza, ma come una questione di coerenza sociale e sicurezza nazionale. Il documento propone di superare i meccanismi generalizzati di ammissione e di protezione, privilegiando invece una selezione fondata su criteri di integrazione effettiva, utilità economica e adesione ai valori fondamentali della comunità ospitante.
In questa prospettiva, la Heritage Foundation afferma apertamente che il sistema migratorio americano deve tornare a essere meritocratico e controllato, abbandonando la logica della “chain migration” e delle lotterie per la diversità, per puntare invece su chi dimostra di poter contribuire in modo concreto al progresso e alla stabilità della nazione.
È un cambio di paradigma che segna la fine di un modello di immigrazione inteso come diritto universale e l’avvio di una concezione nuova, fondata sul principio di appartenenza e di responsabilità reciproca tra individuo e Stato.
Questa visione, pur nascendo in un contesto diverso, presenta molte affinità con il paradigma europeo “Integrazione o ReImmigrazione”. Entrambi pongono al centro la necessità di distinguere tra chi si integra e chi rifiuta di farlo, tra chi condivide valori, lingua, lavoro e regole della società ospitante e chi invece ne resta estraneo. L’integrazione, in questa logica, non è un concetto astratto o retorico, ma la misura concreta della volontà di appartenere. Da essa deve derivare la legittimità del diritto a rimanere.
Il modello americano e il paradigma proposto da Integrazione o ReImmigrazione convergono nell’idea che l’immigrazione debba fondarsi su criteri di integrazione reale e partecipazione attiva. Ciò che cambia è l’accento: mentre negli Stati Uniti l’attenzione è rivolta alla funzionalità e alla produttività sociale, il paradigma europeo in via di elaborazione pone al centro l’equilibrio tra coesione comunitaria, diritti fondamentali e responsabilità individuale, riconoscendo dignità anche ai percorsi di rientro assistito.
La convergenza tra questi due approcci dimostra che il tempo dell’immigrazione indiscriminata sta finendo.
I grandi paesi occidentali, seppure con strumenti diversi, stanno riscoprendo l’importanza di un principio semplice ma decisivo: l’appartenenza non è automatica, ma si conquista attraverso la partecipazione, la conoscenza e il rispetto delle regole.
È in questo passaggio che il paradigma “Integrazione o ReImmigrazione” trova la sua piena attualità.
Perché non propone una chiusura, ma una scelta: quella tra l’essere parte di una comunità o il tornare, con dignità e sostegno, nel proprio paese d’origine.
Un principio che, oggi più che mai, appare destinato a definire il futuro dell’Europa tanto quanto quello degli Stati Uniti.
Avv. Fabio Loscerbo – Avvocato e Lobbista (ID Registro per la Trasparenza UE: 280782895721-36)
Willkommen zur ersten Folge von Integration oder ReImmigration – Der Podcast. Ich bin Rechtsanwalt Fabio Loscerbo, und in dieser ersten Episode erkläre ich die rechtliche Bedeutung des Paradigmas, das diesem Projekt seinen Namen gibt: Integration oder ReImmigration.
Dieses Paradigma ist aus der Notwendigkeit entstanden, ein rechtliches Modell zu überwinden, das in den letzten Jahren seine Grenzen deutlich gezeigt hat: ein System, das sich fast ausschließlich auf Aufnahme und Unterstützung konzentriert, aber kein echtes Gleichgewicht zwischen Rechten und Pflichten schafft. Migration wird derzeit meist als ein Phänomen behandelt, das verwaltet oder kontrolliert werden soll, aber nur selten als ein Prozess rechtlicher und sozialer Zugehörigkeit.
Das Paradigma Integration oder ReImmigration geht von einer anderen Prämisse aus: Der Aufenthalt in einem Land kann nicht als bedingungsloses Recht betrachtet werden, sondern als Ergebnis eines überprüfbaren Integrationsprozesses. Wer sich entscheidet, in Italien zu leben, muss zeigen, dass er wirklich dazugehören will – indem er die Gesetze respektiert, die Sprache lernt und konkret zum gemeinschaftlichen Leben beiträgt.
Integration wird somit zu einer aktiven rechtlichen Bedingung, die das Aufenthaltsrecht begründet und erneuert. Wenn diese Bedingung entfällt, muss das Rechtssystem die Möglichkeit einer Rückkehr vorsehen – nicht als Strafe, sondern als rechtliche Folge des Verlustes der Zugehörigkeit. Das ist die Bedeutung von ReImmigration: die verantwortungsvolle Rückkehr in das Herkunftsland, wenn Integration nicht gelingt oder bewusst verweigert wird.
Es handelt sich um ein rechtliches und systemisches Paradigma, das einen grundlegenden Wandel des derzeitigen Rechtsrahmens erfordert. Eine bloße Neuinterpretation bestehender Vorschriften reicht nicht aus: Es bedarf eines neuen Gleichgewichts, das auf Gegenseitigkeit zwischen Individuum und Staat beruht. Integration darf nicht nur ein soziales Ziel oder eine administrative Maßnahme sein, sondern muss zu einem rechtlichen Kriterium werden, auf dem die Legitimität des Aufenthalts selbst beruht.
Dieses Prinzip hat seine Wurzeln in der italienischen Verfassung. Artikel 2 erkennt die unverletzlichen Rechte des Menschen an, verpflichtet aber zugleich zu den unabdingbaren Pflichten der politischen, wirtschaftlichen und sozialen Solidarität. Artikel 3, der den Gleichheitsgrundsatz verankert, verbindet ihn mit der tatsächlichen Teilhabe am gesellschaftlichen Leben. Und Artikel 10 legt fest, dass Ausländer die grundlegenden Rechte nach Maßgabe der Gesetze genießen, jedoch kein unbegrenztes Recht auf Migration besteht.
Das grundlegende Ziel ist es also, das System des Einwanderungsrechts im Lichte der Verfassung neu zu ordnen und ihm wieder Kohärenz zu verleihen: das Recht auf Integration anzuerkennen, aber auch die Pflicht dazu; das Gleichgewicht zwischen individueller Freiheit und sozialer Verantwortung zu sichern; und zu bekräftigen, dass das Recht zu bleiben nicht vom Pflichtgefühl der Zugehörigkeit getrennt werden kann.
In den kommenden Folgen werden wir die rechtlichen und systemischen Auswirkungen dieses Paradigmas vertiefen: wie Integration zu einem objektiven Kriterium für den Aufenthalt werden kann, wie ReImmigration als natürliche Folge des Verlustes dieser Bedingung anerkannt werden kann, und wie der Staat auf dieser Grundlage ein kohärenteres, transparenteres und verfassungsmäßig konsistentes Verwaltungssystem aufbauen kann.
Das Ziel ist die Schaffung eines Systems des Gleichgewichts zwischen Rechten und Pflichten, in dem das Prinzip der Integration der Schlüssel zu rechtlicher Sicherheit, sozialem Zusammenhalt und institutioneller Stabilität wird.
Um mehr über die theoretischen Grundlagen und die Entwicklung dieses Paradigmas zu erfahren, besuchen Sie http://www.reimmigrazione.com. Ich bin Rechtsanwalt Fabio Loscerbo, und das ist Integration oder ReImmigration – Der Podcast.
Integration or ReImmigration as a Coherent Legal System Welcome to a new episode of the podcast Integration or ReImmigration.I am Attorney Fabio Loscerbo. Throughout this series, we have analyzed immigration step by step: entry, lawful presence, integration, protection, enforcement, and return. What emerges is a simple but often ignored truth: integration and ReImmigration are not opposing policies. They are two possible outcomes of the same legal process. The mistake of contemporary debate is to treat integration as inherently good and return as inherently hostile. Law does not operate through moral oppositions. It operates through conditions and consequences. A functioning legal system does not choose between integration and return; it defines when each applies. Integration, in this framework, is a conditional process. It presupposes lawful entry, compliance with obligations, and compatibility with the legal order. When these conditions are met, stabilization becomes legitimate. ReImmigration, by contrast, is the lawful conclusion of that same process when those conditions are not met. What gives coherence to the system is conditionality. Entry opens a legal relationship. Lawful presence unfolds over time. Conduct is evaluated. Protection prevents unlawful removal. Decisions are enforced. Each phase follows logically from the previous one. Remove one element, and the system loses balance. This approach resolves the false conflict between rights and sovereignty. Fundamental rights remain protected, but permanence is never automatic. Sovereignty is exercised through law, not through exclusion or improvisation. A coherent system also creates predictability. Individuals know what is required. Authorities know when to act. Courts operate within clear parameters. Predictability reduces conflict and restores trust in institutions. By contrast, incoherent systems produce symbolic integration, unlimited protection, and traumatic enforcement. Integration becomes rhetoric, and return becomes a crisis event. No one benefits from this instability. Integration or ReImmigration offers a different model. It does not promise universal integration, nor does it advocate mass return. It promises governability. It treats immigration as a legal process with possible outcomes, not as an ideological battlefield. In the final episode, we will look beyond Europe. We will examine whether this paradigm can be applied to the United States and other Western democracies, and what institutional adjustments would be required. Thank you for listening.Questo episodio include contenuti generati dall’IA.
Welcome to the first episode of Integration or ReImmigration – The Podcast. I’m lawyer Fabio Loscerbo, and in this opening episode I will explain the legal meaning of the paradigm that gives this project its name: Integration or ReImmigration.
This paradigm arises from the need to overcome a legal model that, in recent years, has shown all its limits: a system focused almost exclusively on reception, yet lacking a true balance between rights and duties. Migration, as it is currently regulated, tends to be managed as something to contain or to assist, but rarely as a process of legal and social belonging.
The Integration or ReImmigration paradigm starts from a different premise: staying in a country cannot be regarded as an unconditional right, but as the outcome of a verifiable process of integration. Those who choose to live in Italy must show that they truly wish to belong to it — by respecting its laws, learning its language, and contributing concretely to its collective life.
Integration thus becomes an active legal condition — one that founds and renews the right to reside. When this condition ceases to exist, the legal system must provide for the possibility of return — not as a punishment, but as the legal consequence of the loss of belonging. This is the meaning of ReImmigration: the responsible return to one’s country of origin when integration does not take place, or when it is consciously refused.
It is a legal and systemic paradigm that calls for a reversal of the current normative framework. A simple reinterpretation of existing rules is not enough: a new equilibrium is needed, based on reciprocity between the individual and the State. Integration cannot be merely a social goal or an administrative aspiration — it must become a legal criterion upon which the legitimacy of residence itself is founded.
This principle finds its roots in the Italian Constitution. Article 2 recognizes the inviolable rights of the person, but also imposes the inescapable duties of political, economic and social solidarity. Article 3, which enshrines equality, links it to effective participation in collective life. And Article 10 establishes that foreigners enjoy fundamental rights under the conditions set by law, but it does not recognize an unlimited right to migration.
The underlying idea is to recompose the legal system of migration in constitutional terms, restoring its coherence: to recognize the right to integrate, but also the duty to do so; to balance individual freedom with social responsibility; and to affirm that the right to remain cannot be separated from the duty to belong.
In the next episodes, we will explore the legal and systemic implications of this paradigm: how integration can become an objective criterion for residence, how ReImmigration can be recognized as the natural consequence of losing that condition, and how the State can build on this logic to achieve a fairer, clearer, and constitutionally consistent governance of migration.
The goal is to build a system of balance between rights and duties, where the principle of integration becomes the key to ensuring legal security, social cohesion, and institutional stability.
To learn more about the theoretical foundations and developments of the paradigm, visit http://www.reimmigrazione.com. I’m lawyer Fabio Loscerbo, and this is Integration or ReImmigration – The Podcast.
Integration or ReImmigration as a Coherent Legal System Welcome to a new episode of the podcast Integration or ReImmigration.I am Attorney Fabio Loscerbo. Throughout this series, we have analyzed immigration step by step: entry, lawful presence, integration, protection, enforcement, and return. What emerges is a simple but often ignored truth: integration and ReImmigration are not opposing policies. They are two possible outcomes of the same legal process. The mistake of contemporary debate is to treat integration as inherently good and return as inherently hostile. Law does not operate through moral oppositions. It operates through conditions and consequences. A functioning legal system does not choose between integration and return; it defines when each applies. Integration, in this framework, is a conditional process. It presupposes lawful entry, compliance with obligations, and compatibility with the legal order. When these conditions are met, stabilization becomes legitimate. ReImmigration, by contrast, is the lawful conclusion of that same process when those conditions are not met. What gives coherence to the system is conditionality. Entry opens a legal relationship. Lawful presence unfolds over time. Conduct is evaluated. Protection prevents unlawful removal. Decisions are enforced. Each phase follows logically from the previous one. Remove one element, and the system loses balance. This approach resolves the false conflict between rights and sovereignty. Fundamental rights remain protected, but permanence is never automatic. Sovereignty is exercised through law, not through exclusion or improvisation. A coherent system also creates predictability. Individuals know what is required. Authorities know when to act. Courts operate within clear parameters. Predictability reduces conflict and restores trust in institutions. By contrast, incoherent systems produce symbolic integration, unlimited protection, and traumatic enforcement. Integration becomes rhetoric, and return becomes a crisis event. No one benefits from this instability. Integration or ReImmigration offers a different model. It does not promise universal integration, nor does it advocate mass return. It promises governability. It treats immigration as a legal process with possible outcomes, not as an ideological battlefield. In the final episode, we will look beyond Europe. We will examine whether this paradigm can be applied to the United States and other Western democracies, and what institutional adjustments would be required. Thank you for listening.Questo episodio include contenuti generati dall’IA.
Bienvenue dans le premier épisode de Intégration ou Réimmigration – Le Podcast. Je suis Maître Fabio Loscerbo, et dans cet épisode d’ouverture, je vais vous expliquer la signification juridique du paradigme qui donne son nom à ce projet : Intégration ou Réimmigration.
Ce paradigme naît du besoin de dépasser un modèle juridique qui, ces dernières années, a montré toutes ses limites : un système centré presque exclusivement sur l’accueil, mais dépourvu d’un véritable équilibre entre droits et devoirs. L’immigration, telle qu’elle est actuellement réglementée, tend à être gérée comme un phénomène à contenir ou à assister, mais rarement comme un processus d’appartenance juridique et sociale.
Le paradigme Intégration ou Réimmigration part d’un principe différent : le séjour sur le territoire ne peut pas être considéré comme un droit inconditionnel, mais comme le résultat d’un processus d’intégration vérifiable. Celui qui choisit de vivre en Italie doit démontrer sa volonté d’en faire réellement partie, en respectant les lois, en apprenant la langue et en contribuant concrètement à la vie collective.
L’intégration devient ainsi une condition juridique active, qui fonde et renouvelle le droit de séjour. Lorsque cette condition disparaît, le système juridique doit prévoir la possibilité d’un retour, non pas comme une sanction, mais comme la conséquence juridique de la perte du lien d’appartenance. C’est là tout le sens de la Réimmigration : le retour responsable vers le pays d’origine lorsque l’intégration ne se réalise pas, ou lorsqu’elle est refusée.
Il s’agit d’un paradigme juridique et systémique, qui exige un renversement du cadre normatif actuel. Il ne suffit pas d’interpréter autrement les lois existantes : il faut établir un nouvel équilibre fondé sur la réciprocité entre l’individu et l’État. L’intégration ne peut pas être seulement un objectif social ou administratif : elle doit devenir un critère juridique, sur lequel repose la légitimité même du séjour.
Ce principe trouve ses racines dans la Constitution italienne. L’article 2 reconnaît les droits inviolables de la personne, mais impose en même temps les devoirs incontournables de solidarité politique, économique et sociale. L’article 3, qui consacre le principe d’égalité, le relie à la participation effective à la vie collective. Et l’article 10 établit que l’étranger bénéficie des droits fondamentaux selon les conditions fixées par la loi, mais ne reconnaît pas un droit illimité à la migration.
L’idée fondamentale est donc de recomposer le système du droit de l’immigration dans une clé constitutionnelle, afin de lui rendre sa cohérence : reconnaître le droit de s’intégrer, mais aussi le devoir de le faire ; garantir un équilibre entre liberté individuelle et responsabilité sociale ; et affirmer que le droit de rester ne peut pas être séparé du devoir d’appartenir.
Dans les prochains épisodes, nous approfondirons les implications juridiques et systémiques de ce paradigme : comment l’intégration peut devenir un critère objectif de séjour, comment la Réimmigration peut être reconnue comme la conséquence naturelle de la perte de cette condition, et comment l’État peut fonder sur cette logique une gestion plus cohérente, plus transparente et plus conforme aux valeurs constitutionnelles.
L’objectif est de construire un système d’équilibre entre droits et devoirs, où le principe d’intégration devient la clé pour assurer la sécurité juridique, la cohésion sociale et la stabilité institutionnelle.
Pour approfondir les fondements théoriques et les développements du paradigme, vous pouvez visiter le site http://www.reimmigrazione.com. Je suis Maître Fabio Loscerbo, et voici Intégration ou Réimmigration – Le Podcast.
Benvenuti alla prima puntata di Integrazione o ReImmigrazione – Il Podcast. Io sono l’Avvocato Fabio Loscerbo, e in questo primo episodio vi parlerò del significato giuridico del paradigma che dà il nome a questo progetto: Integrazione o ReImmigrazione.
Questo paradigma nasce dall’esigenza di superare un modello normativo che, negli ultimi anni, ha mostrato tutti i suoi limiti: un sistema incentrato quasi esclusivamente sull’accoglienza, ma privo di un vero equilibrio tra diritti e doveri. L’immigrazione, per come è oggi regolata, tende a essere gestita come un fenomeno da contenere o da assistere, ma raramente come un processo di appartenenza giuridica e sociale.
Il paradigma Integrazione o ReImmigrazione parte da una premessa diversa: la permanenza sul territorio non può essere considerata un diritto incondizionato, ma il risultato di un percorso di integrazione verificabile. Chi sceglie di vivere in Italia deve dimostrare di volerne far parte davvero, rispettandone le leggi, imparandone la lingua e contribuendo in modo concreto alla vita collettiva.
L’integrazione, dunque, diventa una condizione giuridica attiva, che fonda e rinnova il diritto al soggiorno. Quando questa condizione viene meno, il sistema deve prevedere la possibilità di un rientro, non come misura punitiva, ma come conseguenza giuridica del venir meno del legame di appartenenza. È questo il senso della ReImmigrazione: il ritorno responsabile nel Paese d’origine quando l’integrazione non si realizza o non si vuole realizzare.
Si tratta di un paradigma giuridico e sistemico, che richiede un capovolgimento dell’attuale impianto normativo. Non basta interpretare in modo diverso le norme esistenti: serve un nuovo equilibrio fondato sulla reciprocità tra individuo e Stato. L’integrazione non può essere soltanto un obiettivo sociale o amministrativo, ma un parametro di diritto, su cui si fonda la legittimità stessa della permanenza.
Questo principio trova le sue radici nella Costituzione italiana. L’articolo 2 riconosce i diritti inviolabili dell’uomo, ma al tempo stesso impone i doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. L’articolo 3, che sancisce l’uguaglianza, richiama la partecipazione effettiva alla vita collettiva. E l’articolo 10 stabilisce che lo straniero è ammesso alla tutela dei diritti fondamentali secondo le condizioni previste dalla legge, ma non riconosce uno ius migrandi illimitato.
L’idea di fondo è quindi quella di ricomporre il sistema del diritto dell’immigrazione in chiave costituzionale, restituendogli coerenza: riconoscere il diritto a integrarsi, ma anche il dovere di farlo; garantire equilibrio tra libertà individuale e responsabilità sociale; e affermare che il diritto di restare non può essere separato dal dovere di appartenere.
Nelle prossime puntate approfondiremo le implicazioni giuridiche e sistemiche di questo paradigma: come l’integrazione possa diventare un criterio oggettivo di permanenza, come la ReImmigrazione possa essere riconosciuta come conseguenza naturale del venir meno di tale condizione, e come lo Stato possa fondare su questa logica una gestione più coerente, trasparente e rispettosa dei valori costituzionali.
L’obiettivo è costruire un sistema di equilibrio tra diritti e doveri, dove il principio di integrazione diventi la chiave per garantire sicurezza giuridica, coesione sociale e stabilità istituzionale.
Per approfondire i contenuti e le basi teoriche del paradigma, potete visitare il sito http://www.reimmigrazione.com. Io sono l’Avvocato Fabio Loscerbo, e questo è Integrazione o ReImmigrazione – Il Podcast.
Il recente annuncio del governo britannico, che ha stanziato dieci milioni di sterline per proteggere le comunità musulmane da episodi di odio e minacce, non è un semplice provvedimento di sicurezza.
È il segnale di un fallimento culturale e politico che riguarda l’intero modello europeo di gestione della diversità. Il Regno Unito, patria del multiculturalismo, oggi paga il prezzo di decenni in cui l’integrazione è stata sostituita dalla tolleranza passiva e la coesione sociale è stata confusa con la paura di giudicare. Quando uno Stato arriva a finanziare la sicurezza di una singola comunità religiosa, significa che la convivenza ha smesso di essere spontanea. Significa che la società è frammentata, che i cittadini non si percepiscono più come parte di un unico corpo nazionale, ma come membri di gruppi che si fronteggiano, si proteggono e si rivendicano reciprocamente. È l’esatto contrario di ciò che dovrebbe rappresentare una vera integrazione.
Il caso britannico dimostra che l’antirazzismo, quando diventa ideologia, finisce per creare nuove disuguaglianze. Lo Stato che taceva davanti agli abusi delle grooming gangs per paura di essere accusato di razzismo, oggi si affanna a dimostrare la propria neutralità finanziando la protezione delle comunità musulmane. È la stessa logica che trasforma la colpa storica in debolezza politica e che, in nome della sensibilità, rinuncia alla giustizia.
L’Europa deve leggere questi segnali per quello che sono: un campanello d’allarme. L’integrazione non può essere lasciata al caso, né affidata al sentimentalismo. Deve basarsi su regole, doveri e responsabilità reciproche. Chi entra in un Paese europeo deve accettarne i principi, la lingua, la cultura giuridica e civile. Chi lo fa, diventa parte della comunità nazionale e merita tutela piena. Chi non lo fa, sceglie di restare fuori da quel patto e deve essere accompagnato a un ritorno ordinato, secondo il principio della ReImmigrazione.
Il paradigma Integrazione o ReImmigrazione nasce proprio da questa esigenza di equilibrio: non escludere, ma selezionare in base alla volontà di appartenere. In un mondo dove il multiculturalismo ha mostrato tutti i suoi limiti, serve un nuovo modello di cittadinanza fondata sull’integrazione reale, non sulla mera coesistenza. Il Regno Unito ci offre oggi un esempio di come la paura di apparire discriminatori possa distruggere l’autorità dello Stato. Non è la diversità a minacciare l’Europa, ma la rinuncia a governarla.
Integrazione o ReImmigrazione significa ristabilire la linea di confine tra accoglienza e resa, tra solidarietà e dissoluzione. È la risposta di una civiltà che vuole continuare a essere se stessa.
Avv. Fabio Loscerbo Lobbista registrato presso il Registro per la Trasparenza dell’Unione Europea – ID 280782895721-36
A Bologna, in via Michelino, due famiglie sono state sfrattate con un’operazione che ha scosso l’opinione pubblica. La forza pubblica ha sfondato un muro per eseguire il rilascio dell’immobile, tra grida, bambini spaventati e telecamere.
La scena è diventata simbolo di un disagio più profondo: quello di una società che proclama l’integrazione, ma che in realtà non riesce a garantirla. Le famiglie coinvolte — secondo le fonti pubbliche di origine straniera ma regolarmente residenti, con lavoro stabile e figli inseriti nel sistema scolastico — rappresentano ciò che le istituzioni chiamano “inserimento riuscito”.
Eppure, nonostante un reddito e un contratto di lavoro, non sono riuscite a trovare una nuova casa. Sono rimaste intrappolate tra il mercato immobiliare gonfiato dagli affitti brevi e un welfare locale incapace di offrire soluzioni. Questo non è un caso isolato, ma l’effetto di un sistema che confonde l’integrazione con la sopravvivenza. Un sistema che misura il successo con parametri formali — un contratto, una busta paga, un documento — senza chiedersi se la persona sia davvero in grado di vivere con stabilità e dignità nel contesto in cui si trova.
Il paradigma “Integrazione o ReImmigrazione” nasce proprio per superare questa ipocrisia. L’integrazione non è un’etichetta da apporre su un permesso di soggiorno, ma un processo verificabile, fatto di autonomia reale, partecipazione civica e rispetto delle regole. Chi si integra deve essere sostenuto; chi rifiuta l’integrazione, accompagnato verso il rientro.
Ma un sistema che spende milioni di euro — come nel caso dell’ASP Città di Bologna, il cui bilancio destina somme rilevanti all’assistenza e alla gestione dell’immigrazione — senza distinguere tra chi partecipa e chi resta ai margini, finisce per penalizzare proprio chi ha fatto il percorso giusto. Lo sfratto di via Michelino dimostra che il problema non è solo l’immigrazione, ma la sua cattiva gestione. Un flusso incontrollato, privo di criteri e limiti, genera una pressione che travolge anche gli integrati e trasforma il welfare in un sistema di compensazione permanente.
Finché lo Stato non tornerà a governare i flussi con responsabilità e a premiare l’integrazione effettiva, assisteremo a sempre più casi come questo. L’integrazione vera è quella che costruisce stabilità, non quella che finisce con un muro abbattuto.
Avv. Fabio Loscerbo Lobbista registrato presso il Registro per la Trasparenza dell’Unione Europea – ID 280782895721-36
Il paradigma “Integrazione o ReImmigrazione” non può rimanere un concetto teorico. Per diventare una politica reale, servono strumenti concreti e un’organizzazione dello Stato capace di tradurre i principi in azione.
Il primo passo, imprescindibile, è la creazione di un Corpo di Polizia dell’Immigrazione. Solo una struttura specializzata può garantire che la gestione dell’immigrazione non sia più un insieme di interventi frammentati, ma un sistema coerente fondato su regole, responsabilità e obiettivi di integrazione effettiva.
Oggi, in Italia, le competenze sull’immigrazione sono disperse. Le Questure gestiscono i procedimenti, le Prefetture curano gli aspetti amministrativi, la Guardia di Finanza interviene sui flussi economici, i Carabinieri e la Polizia di Frontiera operano nei controlli territoriali.
Nessuno però coordina l’intero processo. Il risultato è un sistema lento, disomogeneo e privo di visione strategica. Si agisce per compartimenti stagni, senza un’unica direzione capace di collegare la dimensione della sicurezza con quella dell’integrazione.
Negli altri Paesi europei la situazione è molto diversa. In Francia la Police aux Frontières si occupa in modo specifico di immigrazione e rimpatri. In Spagna esistono le Brigadas de Extranjería, articolazione autonoma della Policia Nacional che segue tutto il ciclo migratorio, dai visti ai centri di trattenimento. In Germania la Bundespolizei collabora con il BAMF, l’agenzia federale per la migrazione e i rifugiati, in un modello integrato che unisce accoglienza e controllo. Nel Regno Unito, l’Immigration Enforcement opera come forza indipendente all’interno del Home Office, con poteri esclusivi in materia di immigrazione interna. Persino nei Paesi Bassi la Koninklijke Marechaussee, pur essendo una forza militare, dipende dal Ministero della Giustizia e svolge un ruolo essenziale nel controllo dei flussi e nei rimpatri.
Solo in Italia — pur essendo uno dei principali Paesi di approdo e di permanenza dei migranti — non esiste una forza dedicata. Le strutture attuali agiscono con logiche diverse e senza una strategia comune. È come se lo Stato si occupasse dell’immigrazione senza mai guardarla nel suo insieme, limitandosi a gestire emergenze, pratiche e procedimenti isolati. Una Polizia dell’Immigrazione cambierebbe radicalmente questo approccio.
Non sarebbe un corpo aggiuntivo, ma una struttura nuova, con un mandato preciso: garantire l’effettività dell’integrazione e attuare la ReImmigrazione. Dovrebbe essere una forza civile, formata da personale specializzato in diritto dell’immigrazione, in normativa europea e in mediazione interculturale. Avrebbe il compito di verificare se l’integrazione procede davvero, di prevenire le situazioni di marginalità e di intervenire nei casi in cui l’inserimento nella società italiana fallisce.
Creare una Polizia dell’Immigrazione significa dare forma concreta al principio che ispira l’intero paradigma: chi si integra rimane, chi rifiuta l’integrazione rientra. Significa riconoscere che l’integrazione non è solo un diritto, ma anche un dovere. E che lo Stato deve avere gli strumenti per verificarlo, promuoverlo e, se necessario, sanzionarne l’assenza. La ReImmigrazione non è una formula astratta, ma un modello di politica pubblica moderna.
Per realizzarla serve una visione unitaria, una catena di comando chiara e una forza di polizia che faccia dell’integrazione la sua missione istituzionale. Solo così l’Italia potrà passare da una gestione emergenziale e burocratica dell’immigrazione a una politica fondata sulla responsabilità, sull’efficienza e sul rispetto delle regole.
Avv. Fabio Loscerbo Lobbista registrato presso il Registro per la Trasparenza dell’Unione Europea ID n. 280782895721-36
Negli ultimi due anni l’Europa ha avviato un profondo ripensamento della politica dei confini, sintetizzato in un ritorno (o un rafforzamento) del controllo tanto sui confini esterni quanto su quelli interni dell’area Schengen.
Il presente articolo analizza le ragioni di questo cambiamento, il ruolo di Paesi-chiave (quali Germany e France), e propone come la prospettiva “Integrazione o ReImmigrazione” possa offrire un’interpretazione alternativa del paradigma migratorio europeo.
1. Le ragioni del cambiamento La libera circolazione nell’area Schengen — che ha come premessa l’abolizione dei controlli sistematici alle frontiere interne — è stata messa sotto pressione da una serie di fattori: a) flussi migratori irregolari in aumento, b) timori legati alla sicurezza interna e terrorismo, c) tensioni politiche interne legate alla percezione di perdita di controllo. Il sito della Commissione europea ricorda che la norma consente agli Stati membri la “reintroduzione temporanea del controllo alle frontiere interne” solo in casi di “seria minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza interna”. Un recente studio segnala che, dal 2015, gli Stati Schengen hanno reintrodotto controlli interni più di 400 volte, segnale di un’erosione della logica originaria del modello.
2. Il ruolo di Germania e Francia
A titolo di esempio. La Germania ha annunciato l’estensione dei controlli alle frontiere interne per affrontare la migrazione irregolare e il crimine transfrontaliero. La Francia e la Germania hanno concordato una cooperazione rafforzata per i trasferimenti semplificati di migranti irregolari. Queste iniziative indicano un cambio di priorità: non più solo accoglienza e integrazione, ma controllo, rimpatri, responsabilizzazione dei paesi di arrivo.
3. L’Unione europea: strumenti e contraddizioni
L’UE ha messo in campo strumenti come la revisione del Schengen Borders Code (SBC) e la proposta del New Pact on Migration and Asylum per armonizzare azione e responsabilità tra Stati membri. Tuttavia la contraddizione è evidente: da un lato si richiede solidarietà e mutua assistenza; dall’altro si concede ai singoli Stati ampi margini di autonomia (eccessivo forse) nell’uso dei controlli, con il rischio di indebolire il regime Schengen stesso.
4. Verso una politica di “responsabilità migratoria”
Dal punto di vista del paradigma “Integrazione o ReImmigrazione”, questo cambiamento può essere interpretato come una fase di transizione verso un modello in cui: 1) l’integrazione è condizionata a criteri più stringenti (lingua, educazione civica, contributo alla comunità); la componente
2) “ReImmigrazione” emerge come strumento complementare: rimpatri, accordi con paesi terzi, responsabilità condivisa nella gestione dei flussi.
In tale ottica, il controllo dei confini non è solo misura di sicurezza, ma strumento attraverso il quale un soggetto politico (lo Stato o la comunità nazionale) afferma la propria sovranità e stabilisce le regole della convivenza.
5. Quali scenari per l’Italia?
Per l’Italia — Paese che è sia frontiera orientale che meridionale dell’Europa — il rilancio di una politica di controllo dei confini implica: a) rafforzare le strutture di primo arrivo e identificazione; b) valorizzare il ruolo della cooperazione internazionale e della rimpatriazione; c) definire chiaramente i criteri di integrazione, evitando l’accoglienza indiscriminata.
Questo non significa abbandonare l’integrazione, ma renderla coerente con interessi di coesione interna e sicurezza nazionale.
6. Conclusione Il ritorno al controllo dei confini in Europa non è semplice «resistenza all’apertura», bensì segnale di un cambiamento di paradigma: dall’impostazione liberale e aperta degli anni precedenti ad una visione più pragmatica, selettiva e responsabilizzante.
Per il modello “Integrazione o ReImmigrazione”, questa fase rappresenta un momento cruciale: o l’integrazione viene riformata da un sistema più forte di controllo e partecipazione, oppure la “ReImmigrazione” rischia di diventare l’unica alternativa credibile. Conviene all’Italia e all’Europa accompagnare questa fase con strumenti normativi chiari, controlli efficaci e una politica di comunicazione che restituisca fiducia ai cittadini.
Avv. Fabio Loscerbo – lobbista registrato ID 280782895721-36
Con un decreto del 23 giugno 2025, la Commissione Territoriale di Bari ha fornito un esempio emblematico di come il principio alla base del paradigma “Integrazione o ReImmigrazione” possa già trovare applicazione concreta nel nostro ordinamento.
In quel caso, la Commissione ha riconosciuto la protezione complementare, valorizzando il percorso di integrazione effettiva compiuto dal richiedente in Italia. Non si tratta di una valutazione legata a condizioni di pericolo nel Paese d’origine, ma di un accertamento fondato sul radicamento reale nella società italiana, conforme ai criteri dell’art. 19 del d.lgs. 286/1998 e dell’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Il provvedimento sottolinea infatti che il richiedente:
vive stabilmente in Italia da tempo;
svolge un lavoro regolare con contratto e contribuzione documentata;
dispone di autonomia abitativa e residenza anagrafica;
partecipa attivamente alla vita sociale e comunitaria;
ha intrapreso un percorso formativo e linguistico;
mantiene una condotta rispettosa delle regole e dei doveri civici.
Sulla base di questi elementi, la Commissione ha ritenuto che l’allontanamento dal territorio nazionale sarebbe stato incompatibile con il diritto al rispetto della vita privata e familiare, riconoscendo così il diritto a un permesso di soggiorno per protezione complementare.
Questo decreto dimostra che il nostro ordinamento già consente, nei fatti, l’attuazione del paradigma “Integrazione o ReImmigrazione”:
non si resta in Italia perché si fugge da qualcosa, ma perché si è diventati parte di qualcosa.
La protezione complementare si afferma così come strumento giuridico di integrazione, capace di tradurre in diritto il principio di responsabilità reciproca tra Stato e straniero: chi si integra, lavora e contribuisce alla collettività, acquista un diritto alla permanenza; chi non lo fa, deve essere accompagnato a un percorso di rientro.
In questo equilibrio tra diritti e doveri, il paradigma “Integrazione o ReImmigrazione” non rappresenta una rottura, ma un’evoluzione naturale del sistema, che mette al centro la sicurezza, la dignità e la coesione sociale come fondamento della convivenza civile.
Avv. Fabio Loscerbo Lobbista registrato presso il Registro per la Trasparenza dell’Unione Europea – ID 280782895721-36 www.reimmigrazione.com
Serve agire ora sulle seconde generazioni per evitare emergenze future
Il recente fermo eseguito dalla Digos di Bologna nei confronti di un 18enne di origine maghrebina, nato e cresciuto in Italia, indagato per associazione con finalità di terrorismo, non è un episodio isolato.
È il sintomo di un problema più profondo: la mancata integrazione delle seconde generazioni.
Secondo quanto riportato dalla Polizia di Stato, il giovane avrebbe intrapreso un percorso di radicalizzazione online, raccogliendo materiale di propaganda jihadista e svolgendo attività di autoaddestramento operativo.
Un processo che, nel silenzio delle istituzioni e della società, trasforma un ragazzo cresciuto nelle nostre città in un potenziale nemico interno.
Già in precedenti articoli avevo segnalato i segnali di allarme che emergono con crescente frequenza tra i giovani di seconda generazione:
Il paradigma “Integrazione o ReImmigrazione” nasce proprio da questa urgenza: intervenire oggi per evitare che tra venti o trent’anni casi come questo diventino una realtà diffusa. Non si tratta di repressione, ma di prevenzione sociale e culturale. Un sistema che non riesce a trasmettere senso di appartenenza, rispetto delle regole e identità nazionale a chi nasce o cresce nel suo territorio, finisce per alimentare il rischio di devianze e radicalità.
Il caso di Bologna deve quindi spingerci a una riflessione collettiva: non basta parlare di “integrazione”, bisogna misurarla, pretenderla e sostenerla. Chi rifiuta i valori fondamentali della convivenza civile non può rimanere ai margini in eterno, trasformandosi in un problema di sicurezza nazionale. È qui che si inserisce la logica della ReImmigrazione: un ritorno ordinato e regolato per chi non si integra, a tutela di tutti coloro che invece desiderano costruire il proprio futuro in Italia nel rispetto delle sue regole.
Oggi abbiamo ancora il tempo di intervenire. Domani potrebbe essere troppo tardi.
Avv. Fabio Loscerbo Lobbista registrato presso il Registro per la Trasparenza dell’Unione Europea – ID 280782895721-36 www.reimmigrazione.com