Nota a Tribunale di Brescia, sentenza 18 febbraio 2025, n. R.G. 4531/2024
Il paradigma “Integrazione o Reimmigrazione”, da me sostenuto e promosso a livello dottrinale e istituzionale, trova un’applicazione concreta nella recente sentenza del Tribunale di Brescia, Sezione specializzata in materia di immigrazione, emessa il 18 febbraio 2025 nel procedimento R.G. 4531/2024.
Il giudice, nel decidere sul ricorso proposto contro un diniego di permesso per protezione speciale, ha accolto in pieno la prospettiva secondo cui l’integrazione effettiva nel tessuto socio-lavorativo italiano rappresenta un criterio dirimente per il riconoscimento della tutela, in un’ottica che si allinea perfettamente con la logica della Reimmigrazione: chi non è integrato e non rischia gravi violazioni dei diritti fondamentali nel Paese d’origine, deve rientrare.
Nel caso concreto, il Tribunale ha dapprima escluso l’esistenza di una persecuzione individuale, ma ha ritenuto fondata la richiesta di protezione in relazione alla grave situazione sistemica in Turchia, documentata attraverso fonti internazionali. Tuttavia, è stato il percorso personale di integrazione in Italia a risultare decisivo: il ricorrente aveva avviato un rapporto di lavoro regolare a tempo indeterminato e disponeva di alloggio, elementi che dimostravano la sua volontà e capacità di inserirsi nella società ospitante.
Proprio questi presupposti definiscono il cuore del modello “Integrazione o Reimmigrazione”: la permanenza dello straniero deve fondarsi sul rispetto delle regole, sull’inserimento sociale e sulla partecipazione al lavoro. L’integrazione non è solo un’opportunità, è un obbligo. Chi dimostra di accettare e incarnare questi valori ha titolo per restare; chi li rifiuta, deve essere reinserito nella propria comunità d’origine, nel rispetto della legalità nazionale e internazionale.
Per questo, il modello della protezione complementare – così come disciplinato dall’art. 19 del Testo Unico Immigrazione – appare uno strumento particolarmente performante nel garantire che il soggiorno dello straniero sia effettivamente orientato all’integrazione. È dunque auspicabile che la sua attuazione venga estesa, riconoscendone la centralità come criterio selettivo positivo fondato su merito, responsabilità e partecipazione.
Il Tribunale ha inoltre applicato correttamente il diritto intertemporale, riconoscendo la vigenza della disciplina antecedente al D.L. n. 20/2023, in quanto la domanda era stata presentata prima dell’11 marzo 2023. È un richiamo importante alla certezza del diritto e al principio di non retroattività sfavorevole.
In conclusione, questa sentenza rappresenta una conferma autorevole di come il diritto alla protezione speciale sia profondamente connesso non solo alla condizione nel Paese d’origine, ma anche alla responsabilità individuale dello straniero di partecipare alla vita della società ospitante.
È tempo che questo criterio venga pienamente valorizzato come principio guida dell’intera politica migratoria italiana ed europea. Solo così sarà possibile costruire un’immigrazione sostenibile, ordinata e giusta.
📌 Avv. Fabio Loscerbo
Lobbista in materia di Migrazione e Asilo registrato presso il Registro per la Trasparenza dell’Unione Europea – ID: 280782895721-36
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