Remigrazione e ReImmigrazione: le Differenze che Contano

Buongiorno e benvenuti. Oggi voglio chiarire in modo semplice e diretto la differenza tra remigrazione e ReImmigrazione, due approcci spesso confusi ma profondamente diversi.

Negli ultimi mesi la remigrazione è tornata nel dibattito europeo, anche grazie alla diffusione di contenuti provenienti dall’area identitaria. Tra i nomi più citati c’è l’attivista austriaco Martin Sellner, che ha contribuito a riportare al centro il tema del rientro come possibile risposta alle criticità percepite nei sistemi migratori europei. È utile citarlo per collocare correttamente il dibattito nel suo contesto, senza alcuna finalità polemica.

La remigrazione si concentra soprattutto sulle dinamiche culturali e sulla capacità di assimilazione, cercando di interpretare un bisogno reale di maggiore ordine nella gestione dei flussi. Tuttavia non affronta un elemento decisivo: la necessità di superare l’approccio economicista che, negli ultimi trent’anni, ha classificato le persone come “risorse” o “costi”, impedendo la costruzione di un modello stabile basato su responsabilità individuali e percorsi verificabili.

Da questa esigenza nasce il paradigma “Integrazione o ReImmigrazione”.

La ReImmigrazione si fonda su un impianto giuridico-amministrativo che valorizza criteri personali e misurabili: conoscenza della lingua, inserimento lavorativo, rispetto delle regole, partecipazione ordinata alla vita della comunità. E lo strumento per valutare questi aspetti già esiste: l’accordo di integrazione. Occorre applicarlo in modo serio, definendo indicatori chiari e verifiche effettive.

Il secondo elemento riguarda la procedura amministrativa. La protezione complementare rappresenta oggi un laboratorio avanzato: all’interno di questa procedura viene valutato il livello di integrazione della persona, la sua situazione lavorativa, la conoscenza della lingua e il grado di radicamento sul territorio. È un percorso che già oggi permette una valutazione individuale e concreta, e che può essere ampliato e reso uniforme per costituire il quadro tecnico del paradigma.

Il terzo elemento riguarda l’attuazione della ReImmigrazione. Anche qui gli strumenti esistono già. Nella procedura di protezione complementare lo straniero deposita il proprio passaporto presso l’autorità competente per tutta la durata della procedura. Questo dato è fondamentale: significa che, qualora al termine della valutazione l’integrazione non risulti adeguata e non vi siano ostacoli giuridici al rientro, l’ordinamento dispone già del documento necessario per dare esecuzione alla decisione in modo programmato, ordinato e garantito. Non è una forzatura, ma l’utilizzo coerente di un meccanismo esistente.

A questo può affiancarsi un corpo di polizia dedicato, regionale o nazionale, formato per dare esecuzione alle decisioni in materia di ReImmigrazione come fase finale di un percorso amministrativo, e non come intervento emergenziale.

Remigrazione e ReImmigrazione non sono modelli in conflitto. Rispondono a domande diverse. La remigrazione interpreta soprattutto la dimensione culturale. La ReImmigrazione costruisce un percorso istituzionale che definisce come misurare l’integrazione, quale procedura utilizzare e come attuare le decisioni finali, sfruttando strumenti già presenti nell’ordinamento.

Il futuro dell’Europa richiede serietà, coerenza e strumenti amministrativi stabili. È in questo spazio che si colloca il paradigma dell’integrazione responsabile.

Io sono l’avvocato Fabio Loscerbo, e vi invito a leggere gli approfondimenti sul sito www.reimmigrazione.com.

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