Accordo di integrazione: da obbligo burocratico a leva strategica per una politica dell’immigrazione responsabile

L’accordo di integrazione, introdotto dall’art. 4-bis del Testo Unico sull’immigrazione, rappresenta uno strumento potenzialmente decisivo ma tuttora sottoutilizzato. Previsto come un patto reciproco tra lo Stato e il cittadino straniero, esso avrebbe dovuto costituire la base operativa di una politica fondata sulla responsabilità individuale e sull’adesione consapevole ai valori costituzionali.

Nella realtà, però, l’accordo è rimasto un adempimento formale, spesso percepito come un atto meramente amministrativo da sottoscrivere presso lo sportello unico per l’immigrazione. Pochi stranieri ne conoscono davvero il contenuto; poche Prefetture ne curano un’effettiva attuazione o verifica.

Eppure, come emerge chiaramente dal testo ufficiale — che rendiamo disponibile in formato PDF

— l’accordo definisce impegni precisi:

  • l’apprendimento della lingua italiana almeno al livello A2;
  • la conoscenza dei principi fondamentali della Costituzione e delle istituzioni;
  • il rispetto degli obblighi fiscali e contributivi;
  • la garanzia dell’istruzione per i figli minori.

A fronte di questi doveri, lo Stato si impegna ad assicurare l’accesso ai diritti fondamentali, alla formazione civica e ai servizi pubblici, nonché a sostenere concretamente il processo di integrazione.

Il sistema dei crediti — assegnati e decurtati in base ai comportamenti, ai percorsi formativi e alle condanne penali — rappresenta un’idea moderna e meritocratica, ma è rimasto lettera morta. Le verifiche biennali previste sono quasi mai realizzate; la banca dati nazionale non è mai divenuta un vero strumento di monitoraggio.

In un momento storico in cui si invoca una immigrazione sostenibile e fondata sull’integrazione reale, l’attuazione effettiva dell’accordo costituirebbe un passo essenziale. Occorrerebbe:

  1. Uniformare le procedure tra Prefetture, con controlli periodici e misurabili;
  2. Rendere trasparente l’anagrafe nazionale degli accordi, con accesso ai dati per fini statistici e di ricerca;
  3. Integrare l’accordo con i percorsi regionali di formazione civica e linguistica, valorizzando il sistema dei crediti anche ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno;
  4. Trasformarlo in una vera “Carta dell’integrazione e della ReImmigrazione”, in cui la sottoscrizione implichi non solo diritti ma anche doveri effettivi, e in cui il fallimento del percorso di integrazione comporti la ReImmigrazione, intesa come conseguenza naturale del venir meno dell’impegno assunto con lo Stato ospitante

L’integrazione, come ricordato nel preambolo dell’accordo stesso, è “processo di convivenza nel rispetto dei valori sanciti dalla Costituzione”. Farne una leva strategica significa riconoscere che il diritto a rimanere nel territorio italiano non può essere disgiunto dal dovere di integrarsi e contribuire.

Chi vuole partecipare al dibattito o proporre modifiche al modello, può scaricare qui il testo integrale dell’attuale Accordo di integrazione in formato PDF e inviare commenti e suggerimenti alla redazione di Reimmigrazione.

📄 Scarica il documento ufficiale:
👉 Accordo di Integrazione

Per favorire un confronto internazionale e promuovere una più ampia comprensione del sistema italiano, rendiamo disponibile anche la versione ufficiale in lingua inglese dell’Accordo di Integrazione, tradotta dal Ministero dell’Interno.
👉 Integration Agreement – Official English Version (PDF)

Avv. Fabio Loscerbo
Lobbista iscritto al Registro per la Trasparenza dell’Unione Europea (ID: 280782895721-36) – Materia: politiche dell’immigrazione e dell’asilo+

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