Negli ultimi anni, la parola remigrazione è entrata progressivamente nel dibattito italiano in materia migratoria e identitaria.
Essa esprime un vissuto di insicurezza, di frustrazione normativa e di domanda non soddisfatta di regole e integrazione.
Nel mio precedente contributo «Remigrazione è futile. Serve un nuovo paradigma: Integrazione o ReImmigrazione» ho evidenziato come le politiche migratorie attuali mostrino limiti strutturali.
Con l’articolo «ReImmigrazione non è Remigrazione: serve chiarezza» ho sottolineato che è fondamentale distinguere tra i due termini, perché rischiano di essere usati come sinonimi quando invece appartengono a logiche diverse.
Ora propongo di integrare queste riflessioni nell’ottica che la remigrazione rappresenti una reazione, mentre la ReImmigrazione si inscrive in un sistema giuridico.
Remigrazione come Reazione
La remigrazione può essere vista come una risposta spontanea dello spazio sociale alla percezione che le regole dell’immigrazione non funzionino o non siano sufficiently efficaci. Non è di per sé un programma strutturato: è un segnale, un richiamo, una domanda di cambiamento.
Nel pezzo del 12 aprile 2025 ho scritto che:
«Il termine è ormai associato a proposte radicali e identitarie … In questo contesto può nascere confusione con il concetto di ReImmigrazione …»
Ciò significa che la remigrazione, pur legittima come segnale di bisogno, deve essere interpretata correttamente: come reazione, non come punto d’arrivo.
È essenziale riconoscere che la reazione non costruisce da sola: necessita un ambito di regole, verifica e normativa. Altrimenti rimane puramente espressiva.
ReImmigrazione come Sistema
La ReImmigrazione, diversamente, è concepita come un paradigma giuridico riformista — non una semplice risposta politica o ideologica. Nel contributo «ReImmigrazione non è Remigrazione» ho chiarito che:
«Non si parla di deportazioni né di discriminazioni etniche, ma di responsabilità».
E ancora:
«ReImmigrazione nasce all’interno di una proposta riformista che vuole superare tanto l’accoglienza incondizionata quanto il rigetto indiscriminato».
La ReImmigrazione stabilisce che la permanenza dello straniero nel Paese sia legata a un impegno concreto di integrazione — lavoro, lingua, rispetto delle regole — e che la mancata realizzazione di tale impegno possa dar luogo a un percorso regolato di uscita (re-immigrazione), all’interno del diritto e non al di fuori.
In questo senso, la ReImmigrazione non è una mera alternativa politica, ma un sistema di governance giuridica, che bilancia diritti e doveri in un’ottica europea.
Dal segnale al sistema
La distinzione tra remigrazione e ReImmigrazione non è dunque di ordine narrativo, ma operativo:
- La remigrazione segnala che c’è una domanda non soddisfatta di ordine, regole e integrazione.
- La ReImmigrazione propone come rispondere attraverso un sistema giuridico che dà forma, contenuto e verifica al concetto di integrazione e permanenza.
In altri termini: la reazione (remigrazione) attiva la consapevolezza; il sistema (ReImmigrazione) fornisce l’architettura.
Pur segnalando criticità o punti di inattivazione normativa, il paradigma ReImmigrazione non difende la reazione fine a se stessa, ma punta a trasformarla in ordine giuridico.
Per questo motivo è cruciale chiarire la differenza tra i termini: evitare che la ReImmigrazione venga assorbita in una retorica puramente politica o identitaria della remigrazione.
Conclusione
La remigrazione è la reazione che indica che qualcosa non funziona.
La ReImmigrazione è il sistema che può farlo funzionare, nel rispetto dell’ordinamento e della comunità nazionale ed europea.
Il paradigma che propongo non è politico-partitico, ma giuridico: non si schiera, ma propone.
È tempo di andare oltre la reazione e costruire il sistema.
Avv. Fabio Loscerbo
ID Registro Trasparenza UE: 280782895721-36

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