Il paradigma “Integrazione o ReImmigrazione” non può rimanere un concetto teorico. Per diventare una politica reale, servono strumenti concreti e un’organizzazione dello Stato capace di tradurre i principi in azione.
Il primo passo, imprescindibile, è la creazione di un Corpo di Polizia dell’Immigrazione. Solo una struttura specializzata può garantire che la gestione dell’immigrazione non sia più un insieme di interventi frammentati, ma un sistema coerente fondato su regole, responsabilità e obiettivi di integrazione effettiva.
Oggi, in Italia, le competenze sull’immigrazione sono disperse. Le Questure gestiscono i procedimenti, le Prefetture curano gli aspetti amministrativi, la Guardia di Finanza interviene sui flussi economici, i Carabinieri e la Polizia di Frontiera operano nei controlli territoriali.
Nessuno però coordina l’intero processo. Il risultato è un sistema lento, disomogeneo e privo di visione strategica. Si agisce per compartimenti stagni, senza un’unica direzione capace di collegare la dimensione della sicurezza con quella dell’integrazione.
Negli altri Paesi europei la situazione è molto diversa. In Francia la Police aux Frontières si occupa in modo specifico di immigrazione e rimpatri. In Spagna esistono le Brigadas de Extranjería, articolazione autonoma della Policia Nacional che segue tutto il ciclo migratorio, dai visti ai centri di trattenimento. In Germania la Bundespolizei collabora con il BAMF, l’agenzia federale per la migrazione e i rifugiati, in un modello integrato che unisce accoglienza e controllo. Nel Regno Unito, l’Immigration Enforcement opera come forza indipendente all’interno del Home Office, con poteri esclusivi in materia di immigrazione interna. Persino nei Paesi Bassi la Koninklijke Marechaussee, pur essendo una forza militare, dipende dal Ministero della Giustizia e svolge un ruolo essenziale nel controllo dei flussi e nei rimpatri.
Solo in Italia — pur essendo uno dei principali Paesi di approdo e di permanenza dei migranti — non esiste una forza dedicata. Le strutture attuali agiscono con logiche diverse e senza una strategia comune. È come se lo Stato si occupasse dell’immigrazione senza mai guardarla nel suo insieme, limitandosi a gestire emergenze, pratiche e procedimenti isolati.
Una Polizia dell’Immigrazione cambierebbe radicalmente questo approccio.
Non sarebbe un corpo aggiuntivo, ma una struttura nuova, con un mandato preciso: garantire l’effettività dell’integrazione e attuare la ReImmigrazione. Dovrebbe essere una forza civile, formata da personale specializzato in diritto dell’immigrazione, in normativa europea e in mediazione interculturale. Avrebbe il compito di verificare se l’integrazione procede davvero, di prevenire le situazioni di marginalità e di intervenire nei casi in cui l’inserimento nella società italiana fallisce.
Creare una Polizia dell’Immigrazione significa dare forma concreta al principio che ispira l’intero paradigma: chi si integra rimane, chi rifiuta l’integrazione rientra. Significa riconoscere che l’integrazione non è solo un diritto, ma anche un dovere. E che lo Stato deve avere gli strumenti per verificarlo, promuoverlo e, se necessario, sanzionarne l’assenza.
La ReImmigrazione non è una formula astratta, ma un modello di politica pubblica moderna.
Per realizzarla serve una visione unitaria, una catena di comando chiara e una forza di polizia che faccia dell’integrazione la sua missione istituzionale. Solo così l’Italia potrà passare da una gestione emergenziale e burocratica dell’immigrazione a una politica fondata sulla responsabilità, sull’efficienza e sul rispetto delle regole.
Avv. Fabio Loscerbo
Lobbista registrato presso il Registro per la Trasparenza dell’Unione Europea
ID n. 280782895721-36

Lascia un commento