Quel muro abbattuto a Bologna: simbolo di un’integrazione che non regge più

A Bologna, in via Michelino, due famiglie sono state sfrattate con un’operazione che ha scosso l’opinione pubblica.
La forza pubblica ha sfondato un muro per eseguire il rilascio dell’immobile, tra grida, bambini spaventati e telecamere.

La scena è diventata simbolo di un disagio più profondo: quello di una società che proclama l’integrazione, ma che in realtà non riesce a garantirla.
Le famiglie coinvolte — secondo le fonti pubbliche di origine straniera ma regolarmente residenti, con lavoro stabile e figli inseriti nel sistema scolastico — rappresentano ciò che le istituzioni chiamano “inserimento riuscito”.

Eppure, nonostante un reddito e un contratto di lavoro, non sono riuscite a trovare una nuova casa.
Sono rimaste intrappolate tra il mercato immobiliare gonfiato dagli affitti brevi e un welfare locale incapace di offrire soluzioni.
Questo non è un caso isolato, ma l’effetto di un sistema che confonde l’integrazione con la sopravvivenza.
Un sistema che misura il successo con parametri formali — un contratto, una busta paga, un documento — senza chiedersi se la persona sia davvero in grado di vivere con stabilità e dignità nel contesto in cui si trova.

Il paradigma “Integrazione o ReImmigrazione” nasce proprio per superare questa ipocrisia.
L’integrazione non è un’etichetta da apporre su un permesso di soggiorno, ma un processo verificabile, fatto di autonomia reale, partecipazione civica e rispetto delle regole.
Chi si integra deve essere sostenuto; chi rifiuta l’integrazione, accompagnato verso il rientro.

Ma un sistema che spende milioni di euro — come nel caso dell’ASP Città di Bologna, il cui bilancio destina somme rilevanti all’assistenza e alla gestione dell’immigrazione — senza distinguere tra chi partecipa e chi resta ai margini, finisce per penalizzare proprio chi ha fatto il percorso giusto.
Lo sfratto di via Michelino dimostra che il problema non è solo l’immigrazione, ma la sua cattiva gestione.
Un flusso incontrollato, privo di criteri e limiti, genera una pressione che travolge anche gli integrati e trasforma il welfare in un sistema di compensazione permanente.

Finché lo Stato non tornerà a governare i flussi con responsabilità e a premiare l’integrazione effettiva, assisteremo a sempre più casi come questo.
L’integrazione vera è quella che costruisce stabilità, non quella che finisce con un muro abbattuto.

Avv. Fabio Loscerbo
Lobbista registrato presso il Registro per la Trasparenza dell’Unione Europea – ID 280782895721-36

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