Passaporto in Questura: la garanzia del nuovo paradigma integrazione o reimmigrazione

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Dal fallimento del modello economicista alla nuova regola del passaporto trattenuto: così l’Italia sperimenta un sistema che lega la permanenza degli stranieri al successo del percorso di integrazione.


Il Decreto Flussi 2026-2028 ha messo in evidenza tutti i limiti di una politica migratoria basata solo sui numeri: quasi mezzo milione di ingressi autorizzati, ma appena il 12% degli stranieri che riesce a trovare un lavoro.

È l’ennesima conferma del fallimento del modello economicista, che riduce l’immigrazione a una variabile di PIL e fabbisogno demografico.

In questo scenario prende forma una novità dirompente: la consegna del passaporto in Questura da parte di chi presenta domanda di protezione complementare.

Non si tratta di un dettaglio burocratico, ma di una misura di garanzia che cambia radicalmente la prospettiva.

Il meccanismo è semplice: finché lo straniero costruisce un percorso di integrazione – lingua, lavoro, rispetto delle regole – la sua permanenza viene tutelata. Se invece l’integrazione fallisce, la Questura dispone già dello strumento operativo per il rimpatrio immediato.

Una scelta che trasforma il permesso da diritto astratto a patto concreto di responsabilità reciproca.
È qui che si delinea il nuovo paradigma: integrazione o reimmigrazione.

Non più l’illusione che basti importare manodopera per sostenere il sistema economico, ma la consapevolezza che la tenuta sociale del Paese dipende dalla capacità di integrare chi resta e dal rimpatrio effettivo di chi non si integra.

Il passaporto trattenuto diventa così il simbolo di una politica migratoria diversa: meno fondata sui numeri e più ancorata a regole chiare, verificabili e costituzionalmente compatibili.

Avv. Fabio Loscerbo – Lobbista registrato presso il Registro per la Trasparenza dell’Unione Europea (ID 280782895721-36)

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