Il 13 settembre 2025 il Regno Unito ha assistito a una delle più grandi manifestazioni di estrema destra degli ultimi decenni. A Londra, sotto la guida di Tommy Robinson, oltre centomila persone hanno preso parte alla marcia denominata “Unite the Kingdom”, che ha avuto un carattere fortemente anti-immigrazione e nazionalista.
La protesta, accompagnata da simbologia patriottica e da slogan xenofobi, è sfociata in scontri violenti con le forze dell’ordine, che hanno riportato decine di feriti e proceduto a numerosi arresti.
Parallelamente, un contro-corteo promosso da organizzazioni antifasciste come Stand Up to Racism ha visto la partecipazione di migliaia di cittadini, confermando la polarizzazione profonda della società britannica.
Il dato rilevante non è soltanto numerico, ma politico e culturale. Una mobilitazione di tale portata riflette un malessere che va oltre i confini della marginalità, rivelando come le tematiche legate all’immigrazione e alla sicurezza siano capaci di catalizzare consensi trasversali.
L’adesione di figure pubbliche e la risonanza mediatica hanno trasformato la piazza in un laboratorio di egemonia culturale, con l’obiettivo di spostare il baricentro del dibattito nazionale.
In questo quadro, il confronto europeo e internazionale non può ignorare le implicazioni di lungo periodo.
Se l’estrema destra britannica punta a imporre una narrazione esclusivamente securitaria, la sfida per le democrazie liberali è mantenere un equilibrio tra garanzie fondamentali e gestione dei flussi migratori.
È qui che si innesta il paradigma “Integrazione o ReImmigrazione”: un modello che non nega la necessità di regole e responsabilità, ma che supera l’alternativa semplicistica tra accoglienza incondizionata e chiusura totale.
Il caso britannico dimostra come l’assenza di un paradigma chiaro lasci spazio alla radicalizzazione.
Quando l’integrazione viene percepita come fallita, il rischio è che la richiesta di ordine si traduca in piattaforme di esclusione e conflitto. Al contrario, un approccio che vincoli il diritto a rimanere a un dovere di integrazione — lavoro, lingua, rispetto delle regole — può fornire una risposta credibile tanto alle esigenze di sicurezza quanto alla coesione sociale.
La manifestazione di Londra rappresenta dunque un campanello d’allarme per l’Europa intera: se le politiche migratorie non sapranno produrre integrazione reale, il discorso pubblico sarà inevitabilmente egemonizzato da forze che individuano nell’espulsione e nel rifiuto l’unica soluzione.
È in questa tensione che la proposta “Integrazione o ReImmigrazione” acquista rilevanza non solo in Italia, ma come chiave di lettura transnazionale, capace di prevenire la deriva verso lo scontro permanente tra comunità.
Avv. Fabio Loscerbo – Lobbista iscritto al Registro per la Trasparenza dell’Unione Europea, ID 280782895721-36
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