Mentre alcune organizzazioni – come le ACLI Nazionali nel webinar del 27 giugno 2025 “In viaggio con Marco Cavallo” – propongono l’abolizione totale dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) e della detenzione amministrativa, è necessario affermare con chiarezza una posizione differente: la detenzione amministrativa non solo è legittima, ma resta uno strumento indispensabile in un sistema migratorio fondato sul binomio integrazione o Reimmigrazione.
Uno strumento di necessità, non di abuso
La detenzione amministrativa degli stranieri irregolari o non cooperanti con le procedure di rimpatrio non va letta come una forma di repressione, ma come un passaggio tecnico e giuridico per dare efficacia concreta ai provvedimenti di allontanamento. Senza una misura coercitiva legittima, lo Stato rimane paralizzato nella sua funzione essenziale di garantire l’ordine giuridico, i confini e la sovranità decisionale.
Il rimpatrio volontario è sempre auspicabile, ma la Reimmigrazione richiede anche strumenti obbligatori, quando l’interesse pubblico prevale.
Diritti sì, ma senza negare la funzione dello Stato
Chi propone l’abolizione dei CPR dimentica che la detenzione amministrativa è prevista e regolata sia dalla normativa nazionale (art. 14 del D.Lgs. 286/1998) sia da quella europea (Direttiva 2008/115/CE – c.d. “direttiva rimpatri”).
La Corte di Giustizia dell’UE ha più volte affermato la legittimità della detenzione ai fini del rimpatrio, purché proporzionata, motivata, soggetta a controllo giurisdizionale e rispettosa dei diritti fondamentali.
Nel paradigma della Reimmigrazione, questa detenzione assume un nuovo significato: è l’estrema ratio per chi, dopo aver avuto accesso a misure di integrazione, ha rifiutato il percorso, ha commesso gravi violazioni o ha mostrato inadempienza strutturale. In tali casi, non è lo Stato a fallire, ma lo straniero a sottrarsi al patto d’integrazione.
Il giusto processo come pilastro di garanzia
Chi teme derive autoritarie dimentica che la detenzione amministrativa è già sottoposta a controllo giurisdizionale del Giudice di Pace entro 48 ore, con possibilità di difesa e assistenza legale.
Una riflessione da chi ha vissuto anche “dall’altra parte”
Parlo con cognizione di causa: ho collaborato per anni come consulente per il Patronato ACLI Immigrazione di Bologna, dove ho assistito centinaia di stranieri nei percorsi di regolarizzazione, ricongiungimento familiare e protezione. Proprio questa esperienza diretta mi ha insegnato che il sistema può funzionare solo se è chiaro, esigente e giusto per tutti, anche nei momenti più delicati come il trattenimento amministrativo.
Conclusione: non abolire, ma riformare in chiave responsabilizzante
La proposta di abolizione tout court dei CPR e della detenzione amministrativa è ideologica e scollegata dalla realtà.
Non tiene conto dell’urgenza di riordinare il sistema migratorio italiano secondo criteri di giustizia sociale, sicurezza e responsabilità.
Nel paradigma della Reimmigrazione, la detenzione amministrativa resta uno strumento necessario e legittimo, da mantenere e riformare, per garantire l’effettività delle decisioni di rimpatrio e per tutelare un’immigrazione fondata sull’impegno e il rispetto reciproco.
L’alternativa è l’impunità amministrativa e l’illegalità strutturale.
Chi rifiuta l’integrazione, deve poter essere riaccompagnato nel proprio Paese – anche coattivamente – nel rispetto delle regole e della dignità umana.
Avv. Fabio Loscerbo
Lobbista registrato al Registro per la Trasparenza dell’Unione Europea – ID 280782895721-36
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