ReImmigrazione non è esclusione etnica, ma coerenza civica

Nel suo articolo del 24 febbraio 2025, intitolato “REmigrazione, il nuovo mantra della destra estremista” (https://www.cronachediordinariorazzismo.org/remigrazione-il-nuovo-mantra-della-destra-estremista/), il sito Cronache di ordinario razzismo propone una lettura ideologicamente orientata del concetto di ReImmigrazione, associandolo in blocco all’estrema destra, alla xenofobia e alla cosiddetta “teoria della sostituzione etnica”.

Una narrazione che risulta non solo fuorviante, ma profondamente miope rispetto al dibattito serio e riformista che si sta aprendo in Italia e in Europa.

Il termine ReImmigrazione, come utilizzato nel paradigma Integrazione o ReImmigrazione, non ha nulla a che vedere con forme discriminatorie o visioni identitarie.

Al contrario, si inserisce in un modello di coesione sociale e civica, che parte da un presupposto essenziale: non può esistere un diritto alla permanenza senza un dovere all’integrazione.

Ciò che l’articolo di Cronache di ordinario razzismo ignora deliberatamente è che l’attuale sistema migratorio italiano si fonda su una logica puramente economicista, che lega la legittimità della permanenza quasi esclusivamente alla presenza di un lavoro.

In questo modello, manca completamente una previsione di obbligo all’integrazione, intesa come adesione linguistica, culturale e normativa alla società che accoglie.

La ReImmigrazione proposta nel paradigma è l’antitesi del respingimento cieco: non è espulsione etnica, non è deportazione, non è uso politico della paura.

È, invece, la conseguenza ordinata e residuale del mancato rispetto del patto di integrazione. È lo strumento attraverso cui lo Stato può ristabilire equilibrio tra diritti e doveri, in coerenza con il principio che ogni comunità democratica ha il diritto di preservare coesione, sicurezza e inclusione reale.

L’articolo contesta la ReImmigrazione in quanto “slogan normalizzante”, ma ignora che in molti Paesi europei esistono già politiche di rimpatrio volontario assistito, di rientro monitorato, e perfino di decadenza di permesso per chi rifiuta sistematicamente ogni forma di inserimento.

Non si tratta di pratiche discriminatorie, bensì di politiche pubbliche legittime, adottate in contesti democratici e spesso sostenute da agenzie internazionali.

Il paradigma Integrazione o ReImmigrazione è esattamente questo: una terza via, lontana dall’estremismo repressivo quanto dal permissivismo passivo. Una visione fondata su valori repubblicani, dove l’integrazione non è concessione ma responsabilità. E dove la ReImmigrazione non è mai un obiettivo, ma una conseguenza residuale e necessaria nei casi in cui l’integrazione venga volontariamente rifiutata.

    Continuare a demonizzare ogni proposta che preveda limiti alla permanenza significa rinunciare al principio di reciprocità, alimentare ghettizzazione e sfiducia sociale, e abbandonare l’idea stessa di integrazione come processo bilaterale.

    La ReImmigrazione non è un “mantra estremista”, ma un concetto riformista, civile e costituzionalmente fondato, che restituisce equilibrio e serietà al dibattito migratorio.

    Avv. Fabio Loscerbo

    Commenti

    Lascia un commento